nonnidi Roberto Castelli

Nonni eliminati dalla vita dei nipoti. Nonni esclusi, vittime collaterali nel conflitto separativo che tocca i loro figli (maschi).

Interrompere la filiera degli affetti per i bambini, è uno dei danni collaterali più frequenti nelle separazioni conflittuali iniziando di solito dalla perdita del padre, per arrivare alla perdita dei contatti con i nonni paterni, zie, zii e cugini. I nonni sono una parte importante nella famiglia e nei riferimenti dell’infanzia, ma come in un film di guerra diventano la popolazione che perisce dopo un bombardamento per un effetto collaterale, la separazione coniugale ha spesso questo effetto proprio come in un conflitto bellico. Questo accade quando i bambini divengono strumento di vendetta, leve funzionali ad agire rancore e altri sentimenti che comportano un carico di negatività e certamente un impoverimento di quei rapporti “pilastro” nella vita affettiva ed educativa dei bambini.

La giustizia italiana invoglia a lasciare perdere i propri diritti affettivi e questo accade sia ai genitori esclusi che hai nonni, e se accade è perché nulla è reso semplice, a partire dai tempi di attesa nelle aule dei tribunali, ma soprattutto da una sostanziale mancanza di volontà ad essere in linea con l’applicazione immediata delle leggi e ad agire in diretta conseguenza, associata ad una totale mancanza di imparzialità nella valutazione dei ruoli genitoriali di padri e madri da parte degli operatori di giustizia.

Ecco perché chiunque abbia intenzione di esser vicino ai propri nipoti, si trova ad affrontare una percorso che assume le sembianze di una impervia salita con ogni possibile handicap incluso e nessunissima agevolazione. Tutto è contrario al buon senso, ogni spiegazione relativa a dare un senso al perché ciò avvenga, va strappata dal ramo più alto, e non sempre serve rivolgersi al garante dell’infanzia o ai servizi sociali o ai propri comuni di residenza per ottenere incontri chiarificatori con responsabili di ogni ordine e grado.

La legge è chiara, la realtà assai meno, ma è bene sapere che da qualche anno con il decreto legge 154/2013 ha modificato l’Art.137 bis, che regolamenta i rapporti con gli ascendenti:
“Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore.

Ottenere l’applicazione di un testo di legge che rappresenta un diritto ha comunque il sapore di una maratona nel deserto  e quindi ciò che naturalmente dovrebbe essere logica conseguenza, per i nonni diviene un percorso lungo e faticoso fatto con consulenze di avvocati, esborsi, ingastrimenti, ricerche sul diritto di famiglia.  Ecco che fra la presa visione della legge e la sua legittima applicazione ciò che avviene è assimilabile ad una sceneggiatura di un film surreale, una sequenza di paradossi e incongruenze di tutti gli attori della scena che sanno ma non sanno che vorrebbero ma non possono.

Vogliamo parlare di due nonni di Modena che ci hanno raccontato la loro babele, due instancabili persone come ne esistono davvero poche, che hanno tirato la giacchetta a tante  persone, giudici avvocati, assistenti sociali, mediatori, consiglieri comunali, parlamentari e onorevoli, non sempre uscendone con conforto o promesse di assunzione di responsabilità e operatività adeguata. Gli stessi nonni che hanno chiesto al Comune di Modena l’applicazione del decreto MIUR: “protocollo bigenitorialità nelle scuole”, e che sono stati rimbalzati nonostante il MIUR non dia “consigli” ma indicazioni precise, per altro rispettate da molti altri comuni. (evviva il menefreghismo istituzionale grideranno i consiglieri comunali modenesi !!!)

Ma dico io…MA SI PUO’ ??? E’ così folle rincorrere i propri diritti? E’ così oneroso ottenere ciò che il buonsenso (assente) vorrebbe?
L’UNICA risposta è -SI-, c’è una follia che dipinge di ulteriori tinte fosche il nostro già criticissimo paese. Non servono indicazioni ne leggi, emerge una pervicace volontà politica al menefreghismo di alcune leggi o indicazioni non funzionali all’ideologia dei dirigenti.

Ma torniamo a noi, dopo aver sudato le fatidiche quattordici camicie (7 per uno), i nonni che hanno seguito il loro istinto affettivo per riuscire a stare accanto alla loro nipotina, grazie ad una durissima prova fisica e mentale, prendono atto di una sentenza* più che sudata, osiamo dire “strappata coi denti” che comunque rimanda ai servizi sociali i dettagli per la frequentazione, ennesima dimostrazione che NULLA è liscio nemmeno in pianura…padana. Ci auguriamo che questo “finale” possa riportare a livello la frequentazione nonni-nipote presto e bene, ma siamo consapevoli che non è finita qui.

Il legame affettivo coi minori è ad effettivo rischio
Sappiamo bene che  mantenere dei rapporti affettivi con padri e nonni, presenta un aspetto che non è comprimibile, pena l’impoverimento dello stesso.  Ma grande responsabilità partendo dall’origine del problema è da imputare alla completa immaturità e incolumità dei genitori definiti “ostacolanti” che per la loro acerba crescita, anzichè garantire ai figli la possibilità di continuare a frequentare papà nonni, zia cugini etc, alzano barricate legate unicamente da una volontà egoista e rancorosa, appagando così un personalissimo desiderio di vendetta a cui la legge italiana NON sa porre freno ne probabilmente lo desidera.

La tolleranza verso la figura materna è talmente ampia e in alcuni così manifesta da offrire spesso la chiara percezione che la legge non sia affatto uguale per papà e mamma, come in un recente caso accaduto in associazione, al padre che chiedeva al giudice di far rispettare alla ex coniuge il suo diritto di visita (disatteso da mesi), la giudice ha commissionato sì una pena di euro 400 alla signora, ma senza alcuna pena severa, rammentandole la sentenza ma senza ricordarle che la legge può essere dura con chi ostacola la frequenza dei figli, insomma 400 euro ma nessun obbligo di fatto. E’ palese la mancata volontà di essere risolutivi per i nostri giudici, che più che essere dei Pater familias ammiccare bonariamente alla Mater familias palesemente inadempiente.

È tempo di rifiatare. È tempo di silenzio e di trovare uno spazio di riflessione intima e profonda. “Soprattutto negli addetti ai lavori”
È tempo di rivedere i valori in campo e le attribuzioni degli stessi. È tempo di esami di coscienza per tutti. E’ anche tempo di ripensare la genitorialità ma anche di mettere mano alle politiche sociali e ai pregiudizi di genere a quelle visioni consolidate e legate ad un tempo che non c’è più, in ambito famiglia e diritto di famiglia. Il tutto, all’alba di nuove genìe di coppie monosessuali, e prototipi di famiglie “new concept”.

Mentre la preoccupazione dei più è  legata al mantenimento del “senno”, essendo il delirio quasi una prassi quotidiana, noi, come la maggior parte dei cittadini non abbiamo nessuna intenzione di vivere il “delirio” come prassi costante e garantita, tutt’altro, vogliamo operatori consapevoli, non ministri e politici eletti senza sapere di cosa necessitano i cittadini, chiediamo consapevolezza sui temi sociali a chi tratta temi sociali e non ci pare di chiedere troppo, bensì il giusto. Siamo disgustati da prassi deliranti, affaticanti, avvilenti, che sminuiscono i diritti civili e abbassano la qualità delle relazioni famigliari già tristemente faticose di loro. –Dite che siamo uomini contro donne?Errore, siamo genitori, siamo nonni, siamo prima di tutto persone, osservatori, testimoni e non ultimo elettori, pensate che siamo dei rivoluzionari? No, cerchiamo solo di non affogare mentre ci vergognamo di ciò che ci circonda. Questo si.

*Sentenza sottostante

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