A 50 anni ritrova il padre con il test del DNA: il papà ora deve pagare 130 mila euro di arretrati
Cogliamo dunque l’occasione per dire a magistrati e giudici, che è ora che si sveglino tutti!!! Se esistono ancora di questi padri residuali, ne esistono oggi altri, nuovi e assai più vicini alle sorti dei loro figli, ecco perchè la giustizia fatta di moduli fotocopiati da firmare o da visioni tutte uguali, o da sentenze a mò di “tutte le erbe un fascio” non ha più senso di esistere quando si tratta di famiglia, separata o integra che essa sia! La relazione coi figli non finisce con la separazione degli adulti, oggi! Per fortuna dei nostri figli.
Per quarantasette anni aveva vissuto con quel «macigno» sullo stomaco. E non era stata di certo una vita facile: da bambina aveva abitato nella casa dei nonni con la madre e dormiva nello stesso letto della bisnonna; poi aveva preso il diploma di licenza media e quello professionale di stenografa in un istituto religioso trevigiano, dove in cambio di un alloggio a titolo quasi caritativo lavorava agli ordini delle suore; da adulta era saltata da un lavoretto all’altro, trovando un impiego stabile da segretaria solo dieci anni fa. Poi, nel 2006, ha preso una decisione fondamentale: chiedere a quel padre — che l’aveva concepita con una cameriera dell’hotel jesolano dei genitori, ma poi l’aveva sempre rinnegata ed evitata—di riconoscerla e soprattutto di darle tutto ciò che non le aveva mai dato, soprattutto dal punto di vista economico, una sorta di «alimenti» a posteriori. Nei giorni scorsi, dopo quattro anni di udienze e testimonianze, il Tribunale di Venezia ha emesso la sentenza: oltre a riconoscere, sulla base dell’esame del Dna, che quell’uomo era suo padre, il giudice Maria Grazia Balletti lo ha anche condannato ad un risarcimento di 130 mila euro.
Tutto inizia a Jesolo nell’estate del 1958. Altra epoca rispetto alla «Miami del Veneto» di oggi, con i grattacieli che crescono come funghi, nonostante il blocco della Soprintendenza per quelli in riva al mare. Lui, Italo, è il «rampollo» dei padroni, 23 anni. Lei, Laura, la bella cameriera 22enne, figlia di un operaio e di una casalinga. Una sera la passione li travolge, lei rimane incinta. Uno scandalo, per i tempi, tanto più per la differenza di estrazione sociale. E infatti, le racconta la madre, quando in ottobre gli rivela di essere incinta, la reazione del giovane e della famiglia è di chiusura totale. «Devi andartene, non vogliamo che nostro figlio sposi una donna di servizio ». Da lì iniziano appunto gli anni difficili: la gravidanza e la nascita della piccola Paola, il lavoro che non arriva, se non con piccoli impieghi, la convivenza con i genitori. Proprio un mese prima del parto Laura tenta l’ultimo contatto con Italo, nel giorno del suo matrimonio con un’altra donna da cui avrà due figli. Viene addirittura allontanata dalla polizia, sebbene non l’avesse minacciato di rivelare il «segreto». Paola cresce, va a vivere dalle suore perché a casa non ci sono soldi per mantenerla. Si diploma, inizia a lavorare a 16 anni. Ma quel macigno segna per sempre la sua vita. Con un padre a contribuire al suo sostentamento forse avrebbe potuto continuare a studiare; avrebbe avuto un lavoro migliore; la sua intera vita sarebbe stata migliore. A 21 anni comunque si sposa e lavora con il marito per quasi vent’anni, fino al divorzio.
Lei sa che quell’uomo è suo padre, ma ogni volta che si incrociano lui la ignora e dunque oltre al danno c’è anche il dolore. Nasce così, anche alla luce delle innovazioni tecnologiche sul Dna e della pubblicità dei primi casi, il desiderio di ottenere quell’abbraccio paterno da un tribunale, quello veneziano. Si rivolge dunque all’avvocato mestrino Enrico Cornelio, che avvia la causa e chiede mezzo milione di euro: secondo il legale a tanto ammonterebbe il danno causato dall’uomo per aver lasciato Paola senza una figura paterna, senza sostentamento (perlomeno fino ai 18 anni), senza istruzione adeguata. Il giudice ha riconosciuto appunto solamente una parte, 130 mila euro. «Per questo faremo appello», afferma il legale. L’uomo peraltro, che oggi ha 75 anni, poi era diventato titolare di una tabaccheria a Jesolo, maora non avrebbe proprietà particolari. L’avvocato Cornelio aveva anche cercato di rivalersi su una società che ha con i fratelli. Resta il fatto che di fronte ai tribunali sono sempre di più gli uomini e le donne, anche di età superiore a quella di Paola (perfino settantennni), che chiedono giustizia nei confronti di padri che non li hanno riconosciuti. Anche se nessuna sentenza o carta bollata potrà mai riempire quel vuoto o sgretolare quel macigno.
Alberto Zorzi
corrieredelveneto.corriere.it
Personalmente,vorrei dare un altra lettura su una storia come questa…Conosco papà che dopo 10 anni di lotta,ancora piangono i prori figli, conosco papà che si sono suicidati xkè gli hanno tolto i figli, conosco un papà che ha avuto un infarto ed è morto aspettando di abbracciare il proprio figlio. Questo Sistema è un Sistema criminale che uccide i papà, FORSE, i papà più furbi sono quelli che prendono un aereo e spariscono, almeno non muoiono, poi….qualcuno racconterà che un papà ha abbandonato il figlio.( le eccezioni comunque ci sono)
vorrei sapere qual è la posizione che voi padri separati avreste preso a riguardo.
la gravidanze non desiderate colpiscono solo le madri, perchè il pancione non è nascondibile, ma il bambino ha automaticamente due genitori.
Quali sarebbero le mancanze da imputare a questa donna che in ristrettezze economiche e sociali si è crescituta una bambina non soltanto sua?
come si giustifica un uomo che non adempie ai propri obblighi naturali, sociali, economici?
perchè continuate a giustificare comportamenti irresponsabili nascondendovi dietro le solite catre bollarte che non vi capiscono?
cosa c'è da capire nel semplice fatto che un bambino necessita di mangiare, di vestirsi, di essere accudito e amato da chi lo ha incosciamnte voluto al momento dell'atto sessuale? perchè i genitori si permettono di non provvedere ai propri figli? perchè se la moglie o la compagna ti sta antipatica non puoi lasciar perdere i rapporti, dimostrarti più maturo se lei è un'arpia e seguire solo ciò che è per il bene del tuo incolpevole e innocente e ingenuo e tenero e bisognoso bambino?
Credo che mettere a mondo un figlio sia un gesto di responsabilità prima di tutto, senza di qulla i modi per ovviare a questa vita sono tanti, compreso gli anticoncezionali. Mettere al mondo una vita per una donna spesso è un gesto "forte" che pesca nel suo istinto primordiale , ma oggi credo che, visto che la terra l'abbiamo popolata e forse abbiamo pure il problema inverso, mettere al mondo un figlio sapendo di essere soli, senza una controparte, sia da sciammanati.
Troppo egoista risulta fare un figlio senxza un compagno, soprattutto nei confronti di quel bambino che cercherà l'altro genitore che non c'è e probabilmente neppure vuole esserci. Occorre avere la piena responsabilità TUTTI uomini e donne e non uno solo dei due cara anonima. Fino a prova contraria i figli si fanno in due ed esistono casi di abbandono di minore anche da parte materna. Poi esistono casi dove alcune donne pensano nell'onnipotenza di farcela da sole, in quello stato di grazia che la maternità conferisce…finchè poi i figli non sono da vestire nutrire e mandare a scuola ed allora si maledice l'altro, quello assente!
Se siete da sole, non fate figli e se proprio proprio capita, sappiate che siete da sole e non lamentatevi, perchè mettete al mondo un altro disgraziato.