Parma – Rimini e Bologna, il 25 Giugno SIT-IN contemporaneo davanti ai tribunali delle 3 città.

L’affido condiviso troppe eluso dai “responsabili ai lavori”. l’Associazione Genitori Sottratti sensibilizza avvocati assistenti sociali e magistratura con un azione ripetitiva e sintomatica del disagio che si ripercuote sui genitori separati e in via di separazione. Nella maggior parte dei casi chi si separa oggi non sa cosa lo aspetta per ciò che riguarda l’attribuzione dei figli… e allora siamo presenti per ricordare che il trattamento “previsto” è indegno e supera certamente l’intento del legislatore. La bigenitorialità intrinseca nella legge 54/2006 è un sogno alla luce delle sentenze degli ultimi tre anni. Affidi che di condiviso hanno solo il nome e che nascondono senza neppure troppo celarsi, affidi pressochè eslusivi, chiamandoli CONDIVISI solo per un fatto di convenienza. Punti salienti: − I tempi di frequentazione del minore presso i due genitori sono assolutamente sbilanciati e svelano affidi pressoché esclusivi, rivolti alle sole madri; − I tempi assegnati al padre sono così insignificanti che, se il padre li avesse spontaneamente adottati a famiglia ancora unita, sarebbe stato perseguito da quegli stessi giudici per “abbandono della prole”. − Per “giustificare” le loro arbitrarie “interpretazioni”, i magistrati, all’indomani della riforma (da loro fortemente criticata), si sono affrettati a “coniare” un principio inesistente nella riforma: la “collocazione prevalente”: così, quella che prima era la genitrice affidataria (esclusiva), nella pratica è rimasta tale, solo che ora è chiamata “collocataria”. − I giudici fingono d’ignorare che il compito d’individuare l’”interesse” del minore non spetta a loro, ma al legislatore: e questo, dopo 12 anni di dibattito parlamentare, lo ha individuato nel “rapporto equilibrato con ciascun genitore” e non, come vorrebbero i giudici, nella “stabilità residenziale”. La quale ultima era stata proprio la causa scatenante della riforma stessa, perché aveva comportato un disastro sociale assai peggiore dell’“instabilità” tanto temuta dai giudici: un’intera generazione cresciuta allo sbando, senza l’educazione paterna: sono i famosi figli dei “papà-bancomat” e dei “papà della domenica”. − Il mantenimento del minore – che, secondo la riforma, dovrebbe essere erogato da ciascun genitore nella propria casa – continua, invece, ad essere imposto “a tappeto” nella forma che la legge prevede come eccezione: l’assegno, che il padre deve versare alla madre (ovvia conseguenza, questa, della precedente disapplicazione: i tempi fortemente diseguali presso ciascun genitore). − Nel quantificare l’assegno i giudici ignorano sistematicamente la novità introdotta dalla riforma: e cioè che bisogna tener conto del valore dell’ex casa familiare assegnata in godimento ad un solo genitore. − Nel quantificare l’assegno i giudici adottano criteri astratti, che non tengono alcun conto di quella che era la concreta spesa mensile per il figlio finché la famiglia era rimasta unita: se la famiglia unita avesse realmente devoluto al figlio quella quota di bilancio mensile immaginata dai giudici, si sarebbe ben presto indebitata fino al collo. !!!!

Crediamo si debba trovare una strada per avere ragguagli su questo modo di operare, occorre un punto di incontro fra l’ associazione che opera nella regione Emilia-Romagna e gli “addetti ai lavori” un momento di confronto e di dibattito che possa produrre un cambiamento, perchè così le cose non vanno affatto bene e le sentenze che ci giungono quotidianamente ci inducono a proseguire in questa azione di protesta ripetitiva ma non certo infondata per la ricerca di confronto e soluzioni plausibili.