IconaBigeLa sintesi visiva, il video con le linee guida è visibile qui:
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Il concetto di bigenitorialità o di genitorialità condivisa esiste da tempo in Psicologia, Antropologia e Biologia, ma per molto tempo veniva usato prevalentemente in riferimento alle famiglie unite. Dopo la Convenzione sui Diritti del Bambino di New York, del 20 Novembre 1989, si è diffuso sempre di più il concetto che un bambino ha diritto ad avere un rapporto continuativo con entrambi i genitori, anche se i genitori si separano. Così, man mano che questo principio prendeva piede, il concetto di bigenitorialità è stato esteso anche alla famiglia separata.

> Quello di Bi-Genitorialità è un concetto che si colloca in un contesto spazio-temporale ben definito: l’Occidente post-moderno. Tale concetto, infatti, non avrebbe significato alcuno in altre culture risparmiate da taluni passaggi storici – dall’Illuminismo all’avvento della Tecnocrazia – che hanno concorso ad un lento, ma progressivo e sistematico, svuotamento dell’archetipo Maschile-Paterno.
La post-modernità getta l’umanità occidentale in una condizione psicologica – per quanto ben camuffata dagli orpelli tecnologici e della politically-correctness – arcaica, ancestrale: il ritorno al mito della Grande Madre, che precedette l’intuizione sul ruolo maschile nella riproduzione.
I Paesi che più precocemente hanno smarrito il Senso del Maschile-Paterno sono stati quelli anglofoni e scandinavi: quelli che, avendo “toccato il fondo” della deriva connessa all’espulsione del Padre – dalla famiglia, dalla società, dal sistema di valori e tradizioni che fonda l’inconscio collettivo e l’identità di un popolo – più precocemente di altri hanno dovuto correre ai ripari.
Nell’America del 1995 Bill Clinton dichiarava: “Il guaio più grande della nostra società è l’assenza della figura paterna, causa – a sua volta – di molti altri problemi sociali”. Successivamente il presidente Bush finanziava con ingenti risorse organizzazioni no-profit come la National Fatherhood Initiative.
La psico-pedagogia occidentale concorda su un dato socio-antropologico: nella tradizione e nell’immaginario collettivo la funzione paterna viene sostanzialmente identificata e valorizzata come la fonte endo-familiare da cui promana “la legge”, intesa come quell’insieme di regole morali e comportamentali – più o meno codificate – che segnano il limite fra la propria e l’altrui libertà. Alcuni psicologi dell’età evolutiva definiscono con metafore politiche i ruoli – assai più ontologici che culturali – svolti dalle figure paterna e materna in seno alla famiglia: mentre il primo incarna il ministro della Difesa e degli Interni, la seconda svolge funzioni da ministro del Welfare.
Negli USA ed in Gran Bretagna sono stati condotti studi a livello accademico – poi ripresi nella saggistica divulgativa – sull’effetto devastante della delegittimazione del ruolo paterno sulle devianze giovanili. La maggior parte degli adolescenti istituzionalizzati nei riformatori provengono da famiglie mono-genitoriali sulle quali il sistema giudiziario ha operato la marginalizzazione o l’espulsione del padre; e lo stesso dicasi per la maggior parte dei giovani dediti all’abuso di sostanze o protagonisti di abbandoni scolastici, gravidanze precoci, prostituzione minorile, bullismo.
In Italia, proprio sulla scorta di questi desolanti dati sociologici, si è sviluppato, da una quindicina d’anni a questa parte, un dibattito politico e d’opinione pubblica (in seno alla quale primeggia l’associazionismo dei padri separati) che ha perseguito (non senza vivaci resistenze, manifestate – a livello parlamentare – dalle rappresentanti “vetero-femministe” delle formazioni di sinistra; e – a livello extra-parlamentare – da quelle corporazioni professionali nelle quali si sono riversati coloro che negli anni ’70 avevano cavalcato l’ondata di contestazione verso l’autorità” e dunque anche verso il simbolismo racchiuso nel Padre, trasfigurato in un “patriarca oppressore”: magistrati, psicologi, sociologi) l’obbiettivo di restituire ai giovani – superstiti fra le fumanti macerie della Famiglia italiana in dissoluzione – l’apporto educativo della figura paterna. Senza, con ciò, negare le grandi difficoltà in cui si dibattono questi padri d’inizio millennio, i quali hanno smarrito il proprio Senso, essendo essi stessi orfani di padre, poiché l’ondata nichilista e relativista che ha percorso l’Occidente nell’ultimo trentennio dello scorso secolo aveva già interrotto la trasmissione della cultura materiale ed istintuale maschile.
Dopo un dibattito parlamentare protrattosi per 12 anni, lungo l’arco di quattro legislature, nel febbraio 2006 vedeva finalmente la luce – promotori principali: Maurizio Paniz e Marino Maglietta – la legge 54, che traduceva il concetto pedagogico di Bi-Genitorialità in quello giuridico di “affido condiviso” del minore ad entrambi i genitori separati.
Il punto qualificante della riforma è racchiuso nell’espressione (art. 1): “il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi [genitori]”. Ma l’avversione già esplicitata dalla magistratura nel corso dei lavori parlamentari (quella stessa ostilità che aveva decretato il fallimento del previgente “affido congiunto”) si è prontamente concretizzata, all’indomani dell’entrata in vigore, con l’introduzione di una plebiscitaria prassi giudiziaria: quella del “collocamento” o “domiciliazione prevalente” del minore; manco a dirlo: presso la madre. Le potenzialità “terapeutiche” – sia verso le piccole vittime dell’incontenibile “piena” divorzista, sia verso l’attuale generazione di genitori, attratta dalle lusinghe edonistiche e narcisistiche, dal culto fallace di un ipertrofico “Io desiderante”, da un illusorio diritto all’”auto-realizzazione” che non conosce confini – sono così rimaste vanificate; il tempo che a Figli e Padri è dato condividere è rimasto pressoché immutato (risulta sostanzialmente confermata la prassi previgente del pomeriggio infrasettimanale e del weekend alternato; e, con essa, viene perpetuata la patetica ed irridente immagine del “papà-Disneyland” che la riforma si prefiggeva di sradicare).
La Bi-Genitorialità è oggi un postulato ancora tutto da realizzare.

Se l’assioma PADRE=AUTORITA’ di cui LOTTA CONTRO L’AUTORITA’ = LOTTA CONTRO IL PADRE è ciò che emerge come fermento che scolla la famiglia, occorre probabilmente rivedere il senso di “autorità” e di “famiglia” secondo l’evoluzione sociale in atto e di cosa sia veramente la figura paterna oggi, mutata ed in mutazione, come del resto è mutata ed in mutazione la figura materna.

I segni del cambiamento esistono e vengono come sempre dalla base popolare, quella stessa base che anticipa con i propri bisogni e le leggi, che fa le cose senza attendere.., solo parzialmente dipendente da sentenze, del valore etico contenuto, sentenze spesso lontane dalla corretta interpretazione del dettato delle leggi … e delle loro successive modificazioni. La parte “sensibile” della popolazione, quella a cui non occorre raccontare che entrambi i genitori sono importanti per i figli, una base “emancipata aperta intelligente” che con uno “slancio” di reale interesse del minore, si preoccupa che alla separazione degli adulti, non segua quella dei figli dai genitori e nemmeno dai nonni, una base prima di tutto rispettosa dei ruoli, collaborativa e che nel nome dei loro figli adotta una “frequentazione genitori-figli, in linea coi desideri di tutti. Una base da imitare, ‘esempio dell’ “evoluzione possibile e sensibile”, ela visione consapevole di Bigenitorialità, un esempio oltre al litigio (spesso agito strumentalmente per ottenere ragione) .
Ovviamente siamo consapevoli che la bigenitorialità è un processo principalmente culturale, e intellettuale, un processo che richiede intelligenza e non “un utilizzo strumentale” delle leggi per giungere a benefici esclusivi, esclusivi ed escludenti allo stesso tempo, benefici a discapito dell’altro e dei figli in primis. Eppure siamo consapevoli che le cose stanno cambiando e la bigenitorialità, intesa come nuova dimensione genitoriale e spazio di relazione perdurante col figlio oltre alla separazione coniugale, è senz’altro lo spazio più dignitoso e decoroso che possa esserci nel legame primario fra figli-genitori-parenti, una dimensione a tutela del diritto a la “separazione” che vede protagonisti tanti bravi padri e madri.

Ci auguriamo che le istituzioni sappiano favorire la bigenitorialità e sappiano produrre efficaci sistemi di DIFESA dalla attuale strumentalizzazione dell’uso “stravolto” della legge sull’affido condiviso, visto la scelta di campo espressa a tutt’oggi nelle sentenze, che consentono ad una parte (sempre quella!) di genitori immaturi ed egoisti di anteporre loro stessi agli interessi dei figli. Un espressione della giustizia che presta il fianco a manipolazioni non è certo il massimo né per la Bigenitorialità né per i nostri figli, ma è funzionale unicamente al pensiero che i figli “sono cose per sole donne”. Questa mentalità è alla fine di una corsa ed è destinata a tramontare in seguito ai forti cambiamenti sociali, ma anche da una rivalutazione piena e responsabile di un ruolo primario come quello di una paternità scelta e possibile, anche e non utlimo il raggiungimento della possibilità concreta di fare figli in età sempre più avanzate , la consapevolezza che la maturità raggiunta non può convivere con un egoistico disperato istinto riproduttivo fine a sé stesso.Dunque la genitorialità come scelta e non come casualità, e di conseguenza una paternità responsabile e una maternità consapevole.
E quale madre vorrebbe mai eliminerebbe un padre così? e quale Padre non condividerebbe percorsi possibili con una madre altrettanto consapevole? E quale giudice e quale assistente sociale….intravvedendo una utilità ed un beneficio solo per una parte, si produrrebbero in relazioni e sentenze mono genitoriali, come accade invece ancora troppo spesso oggi ?

Comunque sia…occorre un sistema di tutela che vada oltre la ragionevolezza dei genitori, proprio in virtù del fatto che non tutti e non entrambi sono sempre aperti sensibili ragionevoli etc , i figli li fanno tutti,intelligenti e stupidi, sani e malati, bianchi e neri, brillanti ed opachi, possibile che il divorzio condanni prevelentemente solo un genere e tutti i bambini se i due coniugi non sono d’accordo?

Fonte: contributi pubblicati da Risè/Ferliga/Fiorin/Manzari/Castelli, dai quali abbiamo attinto per produrre questo articolo.
La Redazione

Social & non-Political, Crossover Organization-~———-~—-~—-~—-~——~—-~—-“Il concetto di bene dei figli e della tutela del più debole,
può esser preso in considerazione solo al momento in cui
il diritto alla bi-genitorialità sia radicato e garantito dalla legge.”