Anche se ha rivelato al partner di averlo tradito sfugge all’addebito di separazione. L’infedeltà coniugale, che di solito rende intollerabile la convivenza, normalmente risulta determinante nella causa che scaturisce dalla fine del matrimonio. Ma nel caso in cui all’epoca del tradimento l’unione era già in crisi, il coniuge responsabile – pur “rea confessa” – riesce a evitare l’attribuzione della “colpa” da parte del giudice.
È quanto emerge dalla sentenza 2093/11 della prima sezione civile della Cassazione.
Confermata la valutazione della Corte d’appello che ribalta la decisione di primo grado: affidamento congiunto dei figli, in luogo di quello disposto in favore del padre dal Tribunale, niente addebito alla moglie che si vede pure aumentare l’assegno di mantenimento. E questo nonostante la donna abbia confessato in costanza di matrimonio al marito la propria relazione extraconiugale, peraltro confermata da testimoni.
La donna è sì venuta meno all’obbligo di fedeltà coniugale, ma la circostanza non risulta decisiva: il giudice del merito, infatti, si è convinto che l’unione fra i coniugi fosse già in crisi al momento del tradimento e dunque non c’è nesso causale tra la condotta della moglie e la fine del matrimonio. La decisione è ben motivata e non è quindi censurabile in sede di legittimità.
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