Falso condiviso: il reclamo che non tutti gli avvocati sono disposti a fare.
Pretendilo!
– Non occorre un principe del foro per scrivere un reclamo contro il falso affido condiviso. La violazione dei giudici di merito è talmente grossolana che basta un po’ di buon senso, oppure un avvocato che ne sia dotato a sufficienza.
Capita, infatti, che il vostro legale sia legato indissolubilmente a quella che molti di loro definiscono “la giurisprudenza prevalente di codesto tribunale” (che sarebbe quello dove è incardinata la vostra causa di separazione). Ebbene, diffidate da questa categoria di legali: non faranno il vostro interesse, ma solo il loro.
Bene che vada, non è il denaro derivante da una causa più lunga a prevalere nei loro interessi, ma la precisa volontà di non voler andare incontro ad una causa persa in partenza o di non voler irritare il giudice Tizio. Alla fine, sarete voi a rimetterci, insieme ai vostri figli e a buona parte della vostra psiche. Inoltre, di fronte al tema “alimenti”, anche se voi guadagnate tanto quanto il vostro coniuge, l’avvocato-tipo amerà dire: inutile tentare di chiedere il mantenimento diretto, tanto non lo otterrete mai; e poi così il giudice penserà che non volete contribuire e vi metterete in cattiva luce…
C’è, però, una sparuta truppa di legali che ha deciso di essere meno “vassalla” dei magistrati, spingendosi un po’ oltre, e volando – giuridicamente parlando – “là dove osano le aquile”. Si tratta di coloro i quali hanno deciso di infischiarsene (se perdono la causa), ben sapendo che la soddisfazione dei loro assistiti starà nell’aver chiesto con determinazione ciò che la legge dello Stato (e quella del cuore) prevede, e non ciò che la giurisprudenza prevalente di quel tribunale prevede. Questo manipolo di coraggiosi, anziché guardare con sospetto le associazioni di genitori, “ha studiato” da loro, e ha appreso in profondità quali sono le reali motivazioni che spingono un papà o una mamma a combattere per anni contro l’arroganza degli impunibili, facendone tesoro.
Il reclamo che riportiamo di seguito è un estratto da una memoria indirizzata alla Corte di Appello avverso un decreto di un tribunale dei minori, e contiene le motivazioni in diritto. Anche se, a chi si impegna nel campo della Bigenitorialità, esso appare quasi scontato nei suoi contenuti, bisogna tener presente che per un avvocato che non si occupa esclusivamente di diritto di famiglia tali concetti non sono affatto noti. La vicenda è quella di un classico “falso affido condiviso” con domiciliazione prevalente e assegno di mantenimento a parità di reddito tra i due ex coniugi.
Reclamo sulla violazione dell’art. 155 c.c. e sulla carenza e contraddittorietà di motivazione in ordine alla regolamentazione delle visite paterne.
- La decisione del Tribunale appare ingiusta, anzitutto, per violazione dell’art. 155 c.c. che, nella nuova formulazione successiva alla legge di riforma 54/2006, prevede che il minore “abbia diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
- Con la decisione oggetto del presente reclamo, il minore è stato ingiustificatamente privato del suddetto diritto e costretto ad una regolamentazione dei suoi rapporti di frequentazione con il padre che segue le vecchie logiche dell’affidamento monogenitoriale ed esclusivo, ormai superato dalla legge di riforma ed il regime di visite disposto in modo restrittivo è inadeguato a garantire “il rapporto equilibrato e continuativo” con ciascuno dei genitori, previsto dall’art. 155 c.c.
- Il Tribunale, infatti, pur prevedendo, sul piano formale, l’affidamento condiviso del minore, di fatto limita ingiustificatamente (nessun approfondimento peritale è stato effettuato) il rapporto di frequentazione ed affettivo padre-figlio, riducendolo allo schema, ormai superato, tipico, come si è detto, dell’affidamento monogenitoriale con un solo pernottamento infrasettimanale ogni quindici giorni ed un fine settimana alternato.
- Lo schema di frequentazione proposto dal padre, invece, sarebbe stato ben più rispondente al diritto del minore a mantenere continuità ed equilibrio nel suo rapporto con la figura paterna e, di sicuro, più adeguata alla natura dell’affido condiviso, così come concepito nella nuova formulazione dell’art. 155 c.c.. (il ricorrente proponeva di vedere il figlio “tutte le mattine per accompagnarlo a scuola, un fine settimana ogni 15 gg, dal venerdì, alle ore 8.00 fino al lunedì mattina, con accompagnamento a scuola, due giorni infrasettimanali (con eventuale compresenza dei nonni paterni), con pernottamento ed accompagnamento alla scuola materna il giorno successivo, metà periodo delle vacanze scolastiche natalizie (dall’inizio delle vacanze fino al 30.12. o dal 31.12. fino al termine delle vacanze), l’intero periodo delle vacanze scolastiche pasquali, ad anni alterni con la madre, metà periodo di gg. 45, anche non consecutivi durante le vacanze scolastiche estive, dei quali gg. 15 durante il mese di agosto (dall’1 al 15 o dal 16 al 31), da concordare con la madre, entro la data del 30.5. di ogni anno, i cd. Ponti in via alternata con la madre”).
- D’altro canto è lo stesso Tribunale ad evidenziare che il disagio del bambino non sarebbe dovuto al ritmo dei pernottamenti ma alle tensioni che lo stesso percepisce tra i suoi genitori: non si vede, perciò, perché il decreto non abbia previsto i pernottamenti infrasettimanali tutte le settimane, come richiesto dal padre e come sarebbe consono ad un affidamento condiviso, nulla ostando al fatto che il minore trascorra maggior tempo con il proprio papà.
- Un pernottamento infrasettimanale ogni quindici giorni non corrisponde affatto all’interesse del minore, per di più laddove lo stesso sia stato affidato in via condivisa ad entrambi i genitori. La sostituzione del modello monogenitoriale con quello bigenitoriale si contrappone per altro ai risultati di recenti studi internazionali sui benefìci del coinvolgimento ampio di ambedue le figure genitoriali sulla salute psichica dei giovani (Anna Sarkadi, Robert Kristiansson, Frank Oberklaid, Sven Bremberg «Fathers’ involvement and children’s developmental outcomes, a systematic review of longitudinal studies». Acta Paediatrica 2008, 97 (2), pagine 153-158, 2008)
- Il Tribunale offre una carente e contraddittoria motivazione, in punto di regolamentazione delle visite, anche laddove afferma, del tutto ingiustificatamente, che “non sarebbe conforme all’interesse del minore il regime di collocamento, praticamente alternato, con continui spostamenti che hanno effetti negativi anche di tipo fisiologico sui minori e con un ritmo di vita che nemmeno un adulto accetterebbe di sostenere”. Tale motivazione appare dettata più da preconcetti culturali del Giudicante che da un effettivo esame della vicenda processuale (nessuna verifica è stata mai fatta in tal punto, nè si è voluto ascoltare il minore), e non tiene conto dell’evoluzione socio-familiare degli ultimi decenni, dell’inserimento capillare dell’universo femminile nel mondo del lavoro e delle mutate abitudini di vita dei nostri figli, quotidianamente impegnati in attività extra-scolastiche, ludiche, sportive e culturali e, pertanto, al di fuori delle mura domestiche per gran parte della loro giornata. Crea sconcerto, poi, la teoria secondo la quale un figlio di quattro anni di età viene etichettato quale «bambino ping-pong» se accudito dal padre, mentre è comunemente accettato che trascorra quotidianamente tra asilo nido, abitazione dei nonni, centri estivi e ludoteche varie, le ore quotidiane che vedono il genitore affidatario impegnato sul posto di lavoro.
- La natura dell’affido condiviso prevede una frequentazione con entrambi i genitori dettata da ampi spazi di vita (si noti bene, non spazi di “visita”, termine ormai inadeguato), anche con pernottamenti infrasettimanali, proprio per non far perdere al minore il senso di confidenza e di continuità con l’altro genitore. La previsione di un “domicilio prevalente” non risulta essere prevista dalla legge in vigore (art. 155 c.c., come novellato dalla L. 54/2006), nemmeno in via interpretativa, e appare del tutto contraria ai principi in essa contenuti.
- Quanto all’assegno di mantenimento in favore del minore stabilito dal TM in capo al reclamante (che guadagna circa 1.400,00 mensili), non si concorda sulla sua previsione e sul suo ammontare, essendo i suoi redditi, a detta dello stesso Tribunale, del tutto simili a quelli della resistente.
- Il Tribunale, infatti, non ha tenuto conto del fatto che la madre fruisce di 13 mensilità e di benefit (buoni pasto) che fanno lievitare il suo reddito a circa 1.500,00 € mensili.
- Non si capisce, dunque, perché dopo una premessa di tal sorta, il Tribunale stabilisca a carico del padre un assegno di € 300,00 oltre alle spese mediche non mutuabili, scolastiche e, se concordate, sportive e straordinarie.
- Con il suo reddito il ricorrente non è in grado di far fronte ad un tale esborso economico, avendo anche ingenti spese mensili da sostenere, quali il mutuo, le utenze varie (telefono, luce, gas), le spese condominiali, il carburante, oltre naturalmente alle spese mediche, al vitto, all’abbigliamento, alle vacanze e ad ogni possibile imprevisto.
- Dal canto suo, la madre ha un reddito addirittura superiore che, se da un lato non giustifica alcuna richiesta di contributo da parte dell’ex compagno, dall’altro le permette di poter mantenere il minore, dal punto di vista economico, alla pari del padre, anche se con maggiori risorse, per i tempi in cui il bambino è con lei.
- Risulta, pertanto, carente di motivazione il decreto nella parte in cui dispone il contributo economico paterno, non sussistendo alcuna ragionevole connessione tra la premessa svolta dal TM circa la sostanziale parità di reddito del ricorrente rispetto a quello della resistente e le ingenti spese mensili che lo stesso deve sostenere e la decisione finale di caricarlo di un esborso mensile di ben € 300,00 in favore del figlio.
- Quanto, invece, proposto dal reclamante appare adeguato ponendosi, come soluzione, la ripartizione al 50% di tutte le spese di gestione del bambino, tanto più corretta nell’ipotesi in cui la Ecc.ma Corte di Appello voglia accogliere la richiesta di ampliare la frequentazione padre/figlio, sanando in tal modo l’inaccettabile distanza che il TM ha frapposto tra il suo decreto e la corretta applicazione della L. 54/2006. Il mantenimento di tempi assolutamente sperequati, a favore della madre, appare una decisione strumentale alla definizione di un principio che “giustifichi” in tutti i modi la corresponsione di un assegno per quest’ultima, e non sembra piuttosto la conseguenza di un atto dettato dall’interesse del minore. In tal guisa, infatti, si preferisce valorizzare economicamente i compiti di cura “presi in sè”, attribuendo un implicito disvalore ad una delle due figure genitoriali che li dovrebbero (e vorrebbero) metterli in pratica, al pari dell’altro. Si potrebbe affermare che, anziché la persona/genitore che eroga la cura verso i figli, il TM abbia voluto dare maggiore rilevanza alla proporzione finanziaria che sottende ai compiti di cura.
Se il vostro avvocato non è d’accordo a presentare un reclamo del genere (o una memoria di comparsa, opportunamente modificata, allorquando vi trovate nelle fasi iniziali del procedimento di separazione), valutate seriamente di cambiarlo.
http://genitorisottratti.com/2010/12/21/falso-condiviso-il-reclamo-che-non/
Leave A Comment
You must be logged in to post a comment.