Per il marito che non provvede a dare i soldi alla moglie dopo la condanna del giudice per violazione degli obblighi di assistenza familiare possono schiudersi le porte del carcere nonostante la sospensione condizionale della pena; ed il principio vale per ogni reo – purché uomo – che non risarcisce la persona offesa dal reato entro il termine, all’osservanza del quale risulta subordinato il riconoscimento del beneficio. 
Certo, non può essere la parte civile a chiedere la revoca della condizionale: ma se il pm fa sua la richiesta, presentando un’istanza dello stesso tenore in udienza, nel rispetto del principio del contraddittorio, il giudice dell’esecuzione può ben decidere di annullare il beneficio. E se la pena sospesa prevede la reclusione, il reo al carcere non può sfuggire (purché uomo: per la donna è pressocché sostituito dalle mille misure alternative).
Lo precisa la sentenza 14297/12, pubblicata il 16 aprile dalla prima sezione penale della Cassazione.
Sono otto i mesi di reclusione che attendono il marito condannato in base all’articolo 570 Cp. È di certo inammissibile la domanda di revoca del beneficio proposta dalla parte civile (donna mantenuta e vendicativa), che non può avanzare in sede penale richieste diverse e maggiori di quelle che potrebbe fare in sede civile: l’unico titolare dell’esercizio dell’azione penale resta pur sempre il pm (così impongono la Costituzione e il codice di rito). Nella specie, tuttavia, la revoca del beneficio chiesta dalla mantenuta-vendicativa è disposta ugualmente.
PM e giudice dell’esecuzione obbediscono agli ordini della donna
Siamo all’udienza del procedimento di esecuzione prevista dal comma 4 dell’articolo 666 Cpp: dopo che il pubblico ministero, parte necessaria, presenta un’istanza conforme a quella della parte civile, tocca al difensore del condannato, avvertito tempestivamente dell’oggetto del procedimento, ex comma 3 dell’articolo 666 Cpp; sentito l’avvocato del reo, e dunque nel rispetto dei principi del giusto processo, il giudice dell’esecuzione si convince che si configurano i presupposti per revocare la condizionale: è infatti scaduto inutilmente il termine di novanta giorni costituito a carico del condannato per cedere all’estorsione in favore della moglie-parte offesa.
Al marito non resta che pagare il pizzo e le spese processuali.
Fonte: www.cassazione.net