La posizione di Carlo Ioppoli, presidente ANFI
Il video—shock nel quale viene rappresentato il bambino di dieci anni che la Polizia trascina fuori dall’aula della scuola in cui si trovava, ha suscitato tanto clamore ma certo non ha sorpreso coloro che a diverso titolo si occupano di famiglia e minori.

Ormai da anni noi avvocati che trattiamo la materia assistiamo, quasi impotenti, all’ormai abituale opera di demolizione che uno dei genitori separati pone in essere con irresponsabile determinazione nei confronti dell’altro genitore; né può nascondersi che in genere il genitore autore di tale opera di deprivazione genitoriale è quasi sempre la madre.

La madre è infatti il genitore che in gergo viene detto prevalente, cioè il genitore presso il quale, nonostante il cosiddetto affido condiviso, viene di solito collocato il minore; in pratica il genitore collocatario potrà quindi, consentendo formalmente, solo formalmente, una frequentazione del minore col padre, resa ogni giorno sempre più difficile quasi a divenire teorica, trasferire nel piccolo con lei convivente, tutto l’astio che prova nei confronti del padre.

Il quale, dopo la separazione, viene visto come un intruso nella vita di madre e figlio.

Conseguenza drammatica che potrebbe essere evitata se solo si applicasse sempre più spesso il cosiddetto affido alternato, che farebbe sin da subito intendere al minore che genitori sono padre e madre, e che entrambi sono presenti nella sua vita.

Sicchè, tornando al caso del bambino di Cittadella, non possiamo che condividere quanto deciso dalla Corte d’Appello di Venezia, che ha preso atto dell’opera di deprivazione genitoriale posta in atto dalla madre la quale, danneggiando gravemente il figlioletto, lo ha indotto ad escludere dalla sua vita la figura paterna.

La grave condotta della madre, tanto più grave perché operata nei confronti del figlio minorenne, è la causa unica ed esclusiva di quanto accaduto, in tale accaduto comprendendo le inaccettabili modalità con le quali la incolpevole Polizia ha dovuto agire.

La signora, infatti, ha determinato non solo la P.A.S. che è all’origine del dramma, sicchè è a lei imputabile ogni e qualunque conseguenza che dalla P.A.S. abbia origine, ma ha stabilito un nesso diretto ed immediato tra la P.A.S. e le stesse insopportabili modalità con le quali è avvenuto il prelevamento del piccolo.

E’ infatti di palese evidenza che la madre, lasciando a guardia del bambino fuori dalla scuola la zia ed il nonno, null’altro ha fatto che persistere nella sua opera di deprivazione genitoriale, perché ha in sostanza detto al minore: “reagisci al prelevamento perché fuori ci sono tua zia e tuo nonno che ti aiuteranno”.

Non sono psicologo, ma sono comunque certo che il piccolo non avrebbe reagito in quel modo al prelevamento se non fosse stato preavvertito che fuori a sostenerlo c’erano zia e nonno.

In buona sostanza quella reazione era stata preparata dalla madre e dai di lei parenti, addirittura pronti a riprendere la prevista reazione con la macchina fotografica, ed al piccolo era stata assegnata da loro quel ruolo che egli ha puntualmente svolto.

Pur con tutta la comprensione per una madre accecata dall’amore per il figlio, la signora Ombretta Giglione dovrà rendersi conto che a nulla vale inveire contro l’autore della “scienza spazzatura”, alludendo a colui che per primo ha studiato questa psicopatologia, perché purtroppo esiste e danneggia gravemente i minori.

Le auguriamo che un giorno non debba riscontrare tali danni anche in suo figlio, e, dal momento che ha avuto la fortuna che la P.A.S. non è stata messa in atto dal padre del minore, La preghiamo, anche a nome di suo figlio, di recedere da tale atteggiamento: forse è ancora in tempo.

Avvocato Carlo Ioppoli

Presidente Nazionale ANFI – Associazione Nazionale Avvocati Familiaristi Italiani –

http://www.associazionefamiliaristi.it/caso-bambino-conteso-padova-la-posizione-di-carlo-ioppoli.html