A seguire, l’ennesimo esempio di come la prosa giudiziaria manipoli ed adulteri, con sfacciata nonchalance, la realtà ben conosciuta dai padri separati: quella del figlio ostaggio della madre, usato come merce di scambio per estorcere denaro al padre.

L’esclusione dell’affido condiviso disposta in sede di separazione può essere confermata nel giudizio di divorzio se il padre non coltiva il rapporto affettivo con i figli; inoltre: la generale crisi economica non giustifica la riduzione o la revoca dell’assegno.
Sono questi i principi sanciti dal Tribunale di Nuoro che, con la sentenza n. 577 del 29 agosto 2012, ha confermato, in sede di divorzio, l’affido esclusivo in favore di una madre, motivando che il padre, nonostante la richiesta di bigenitorialità, non avesse coltivato coi i bambini un rapporto affettivo sufficiente. Fra l’altro, l’uomo, adducendo la generale crisi economica, non aveva versato regolarmente l’assegno.
Insomma, ad avviso del Collegio della sezione civile, anche nella dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere mantenuto il regime di affido esclusivo allla madre, disposto in sede di separazione personale dei coniugi, se non emergono circostanze che possano modificare quella decisione e se si sono rafforzati gli elementi che fanno ritenere l’inadeguatezza dell’altro coniuge allo svolgimento dei compiti connessi all’affidamento condiviso, che sarebbe quindi pregiudizievole per i minori.
Fonte: www.cassazione.net
Quindi, per chi – come noi – si occupa costantemente di affidamento post-separativo, è un gioco da ragazzi ricostruire l’effettività della vicenda, peraltro quasi sempre uguale:
il padre, in difficoltà economiche, avrà proposto alla madre di poter svolgere il proprio ruolo paterno prevalentemente sul versante educativo-affettivo, piuttosto che su quello economico; la madre, come da copione, gli avrà risposto picche; e per giunta lo avrà ostacolato nella frequentazione col figlio (“o la borsa o la vita!” = “o i soldi o non lo vedi”).
Di qui la rarefazione della frequentazione padre-figlio.
Ed ecco la ricostruzione artefatta dei giudici:
1) lui ha versato pochi soldi (laddove, con un affido condiviso “vero” – e non puramente nominale – non ne avrebbe dovuto versare affatto: semmai, avrebbe dovuto spendere direttamente, quel poco che aveva, in acquisti per il figlio);
2) per giunta, ha frequentato poco il figlio (l’ostacolamento materno-ricattatorio viene ignorato per prassi giudiziaria);
3) ergo, lui non è genitore idoneo.

E’ il trionfo – impunito – dell’ipocrisia giudiziaria mother-friendly.