Milano
Dopo la separazione, bimba affidata alla madre: che la soffoca

16 gennaio 1992
– “Carmen era seduta sul letto, con Carole in braccio. Non la voleva lasciare. Ho dovuto prenderle la bimba con la forza, strappargliela. Ho tentato di farle la respirazione bocca a bocca ma non è servito. Abbiamo chiamato subito l’ambulanza. Mi hanno detto che non ce l’ha fatta”.
Giancarlo Castellazzi non riesce a darsi pace. Nell’appartamento vicino al suo, all’ottavo piano di una palazzina all’inizio di via Veneziano, ieri sera la piccola Carole, un anno e mezzo tra meno di un mese, è morta. Tutto lascia pensare che a soffocarla sia stata la madre, Carmen Ferigo, una donna di ventinove anni che, in agosto, aveva rotto col marito, sposato pochi mesi prima. “Al padre, l’avvocato Giampaolo Ferigo – spiega la signora Castellazzi – la ragazza ha ripetuto “l’ho uccisa io, l’ho uccisa io”. E a chi è arrivato nell’abitazione all’ultimo piano, alle sei e mezzo di ieri sera, la donna avrebbe detto che la bambina stava male, tossiva, e lei l’aveva aiutata a morire.
Poi si è sentita male, l’hanno portata al Policlinico dove la piccola era giunta poco prima senza vita e dove si è precipitato anche il padre. Carmen è stata visitata da un medico della divisioni
psichiatrica, è in stato di fermo e il magistrato di turno ha annunciato “provvedimenti imminenti”, prima dell’autopsia che accerti definitivamente le cause della morte della bimba, molto probabilmente soffocata. Il padre è arrivato subito all’ospedale di via Francesco Sforza, sconvolto, distrutto dal dolore. Ha spiegato che si erano lasciati in attesa di avviare le pratiche legali per la separazione. “Ci siamo divisi in agosto – fatica a raccontare Raimondo Palermo, 29 anni come la moglie, e un lavoro come guardia in un’agenzia di investigazioni – lei non stava molto bene, aveva dei disturbi”. Così, il 5 dicembre dell’anno scorso, si è deciso a presentarsi a un giudice del tribunale dei minorenni per raccontare tutta la storia e confessare le proprie preoccupazioni per la figlia, chiedendo che fosse tolta alla moglie e venisse affidata a lui.
Nell’appartamento di via Veneziano è rimasto il padre, un legale di 66 anni che si occupa da tempo di problemi e cause di zingari, incapace di spiegarsi la tragedia, e cui manca ormai la forza di aggiungere parole che aiutino a capire cosa sia potuto accadere. La figlia si era fatta rivedere a casa, con la nipotina, martedì mattina. Lui e la moglie erano usciti, ieri, dopo pranzo. Quando sono tornati per Carole non c’era più nulla da fare. “Ci hanno chiamato – racconta la vicina del pianerottolo – mio marito ha cercato di fare il possibile per far respirare la bambina ma non c’è riuscito. Io ho chiesto a Carmen “Cosa hai fatto. Perchè?” Ma lei aveva lo sguardo fisso, assente. Credo che nemmeno adesso si renda conto di quello che ha combinato”.
La signora, come molte altre inquiline dello stabile, la ragazza cresciuta al Corvetto con i suoi coetanei la conosce da sempre. “E’ laureata in giurisprudenza, come il padre – dice la signora Castellazzi – Si era sposata a marzo, due anni fa, e aspettava già Carole che è nata dopo pochi mesi. Poi ha avuto dei problemi con il marito. E ieri è tornata dai genitori. Per un po’ di tempo ha lavorato, credo, però non so cosa facesse adesso”.
Acireale
(CT) – Dopo la separazione, figlia affidata alla madre: che tenta di uccidere entrambe 18 febbraio 2003
– Un volo di oltre 60 metri tra sciare laviche ricoperte di vegetazione mediterranea, piccoli campi coltivati ad ortaggi o agrumi, per dire addio alla vita. È la Timpa di Acireale, teatro del progetto suicida di una donna separata di 36 anni, A. L., che nel suo folle gesto ha coinvolto anche la sua unica figlia di 8 anni, Francesca (nome di fantasia, ndr).
Ma per fortuna l’impatto violento sulla sciara lavica dell’ Etna, a strapiombo a mare, è stato attutito dalla vegetazione: così madre e figlia sono state salvate con due distinte e spettacolari operazioni di soccorso da vigili del fuoco, carabinieri e marina militare.
Un’operazione congiunta che ha paralizzato il traffico sulla statale Catania-Messina per oltre due ore. Madre e figlia sono adesso ricoverate in prognosi riservata all’ospedale Cannizzaro di Catania. Secondo i medici si salveranno entrambe. Ma la donna dovrà vedersela con la giustizia: è infatti piantonata dai carabinieri perché in stato di arresto per il tentativo di omicidio della figlia e per l’ incendio appiccato alla propria abitazione prima di uscire per tentare il suicidio.
La protagonista, dopo avere dato fuoco alla casa, ustionandosi le braccia, è salita sulla propria vettura, una Lancia Y10. È arrivata a grande velocità al Bellavista della Timpa di Acireale, puntando verso l’unico punto aperto del guard-rail. L’ auto ha divelto la catena di protezione ed è finita in un piccolo dirupo, dopo un volo di una decina di metri. Un passante, pensando ad un incidente stradale, si è fermato ed è sceso soccorrerle. Non ha fatto in tempo a rassicurarle che la donna ha preso Francesca in braccio e si è messa a correre lanciandosi nel vuoto. Madre e figlia
sono precipitate in un dirupo lavico, dopo un volo di circa 40 metri, davanti al testimone terrorizzato che ha chiamato subito i carabinieri. La macchina dei soccorsi è scattata immediatamente. I primi ad arrivare, dopo i carabinieri, sono stati i vigili del fuoco. Una loro squadra speciale è scesa, con corde, piccozze e ganci sulle scoscese pareti della Timpa ed ha raggiunto la bambina, che aveva una frattura cranica e il braccio sinistro spezzato. Ad un vigile del fuoco la bimba ha chiesto un panino imbottito, perché, ha spiegato all’incredulo soccorritore, «io sto male, ma ho fame». Ad un carabiniere ha raccontato anche della madre che «ha dato fuoco alla
casa» e che «stava poco bene». I soccorsi per la donna sono stati più difficili per la conformità
del terreno, che è franoso. Si è reso così necessario l’ utilizzo di un elicottero della marina militare italiana che con un verricello e una barella speciale ha «sollevato» in aria la donna ferita.
Intanto altri vigili del fuoco avevano spento l’ incendio della casa della donna, che aveva il contratto di locazione in scadenza. Ma secondo i carabinieri la donna non aveva problemi economici: più probabile, ritengono gli investigatori, che all’origine della tragedia ci siano problemi sentimentali, con l’ ex marito dal quale è da anni separata.
Lurate
Caccivio (CO) – Dopo
la separazione, bimba affidata alla madre: che l’accoltella
26
febbraio 2004

– Ha
colpito all’addome la figlia di soli due anni con un coltello. Poi ha
rivolto la lama contro se stessa e si è ferita al torace. Una madre
di 32 anni è accusata di aver tentato di togliere la vita a se
stessa e alla sua bambina.
Entrambe
sono ora ricoverate in gravi condizioni: la madre non sarebbe in
pericolo di vita, anche se i medici non se la sentono di sciogliere
la prognosi. Le condizioni della piccola sono invece più
preoccupanti: la bambina, nella serata, è stata sottoposta ad un
delicato intervento chirurgico per le gravissime lesioni interne
riportate, quindi è stata ricoverata nel reparto di terapia
intensiva.
Il
dramma è avvenuto all’interno della Chiesa di San Luigi a Lurate
Caccivio, cittadina di cinquemila abitanti, a una decina di
chilometri da Como, lungo la strada che porta verso Varese. Attorno
alle 17 la donna è entrata nell’edificio sacro con la bimba. Madre e
figlia erano sole. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, la
donna ha impugnato un coltello da cucina, probabilmente portato da
casa, ed ha affondato un colpo nella pancia della piccola. Poi ha
fatto lo stesso contro di sé.
La
bimba, che non ha mai perso conoscenza, ha iniziato a piangere e
urlare. Alcuni passanti, sentendo le grida, hanno aperto la porta
della chiesa e si sono trovati di fronte ad una scena tremenda. La
piccola a terra, sanguinante e urlante. La madre, anche lei ferita,
che si segnava con l’acqua santa e urlava frasi sulla purificazione.
Una
donna, la prima ad entrare in chiesa, ha visto la trentaduenne mentre
si feriva: «Ho sentito urlare e sono entrata – racconta – l’ ho
vista con il coltello in mano e le ho chiesto cosa stesse facendo.
Lei mi ha risposto: Non preoccuparti, lo faccio per la pace nel
mondo. Poi altre frasi sconnesse».
È
stata la donna a dare l’ allarme. In pochi minuti Lurate Caccivio è
stata presa d’assalto da sirene e lampeggianti: due ambulanze, i
carabinieri e le pattuglie della squadra volante della Questura di
Como. La madre è stata accompagnata all’ospedale Sant’ Anna, mentre
la bimba è ora ricoverata al Valduce. Le condizioni della bambina si
sono aggravate con il passare delle ore. Nel sottoporla ad
un’operazione chirurgica d’urgenza, i medici hanno scoperto che le
lesioni causate dall’accoltellamento erano decisamente peggiori di
quanto ipotizzato in un primo momento. Per questo motivo la prognosi
è riservata.
La
trentaduenne, dopo le prime cure, è stata trasferita nel reparto di
psichiatria, piantonata dai carabinieri: la magistratura ha aperto
un’inchiesta sull’accaduto ed a carico della donna è stato
ipotizzato il reato di tentato omicidio.
Gli
investigatori, intanto, hanno iniziato a scavare nella sua vita per
cercare di comprendere i motivi di un gesto apparentemente senza
spiegazione. Da quanto ricostruito pare che la giovane madre
soffrisse di crisi depressive. Soprattutto dopo la morte del padre,
avvenuta circa un anno fa, e la separazione dal marito. Crisi che
però nessuno immaginava potessero sfociare in un dramma simile.
«Non
può essere vero», ripete quasi più a se stesso che ai cronisti il
parroco, don Luigi Zoni, 64 anni. La sua casa è lì, a pochi passi
dalla chiesa di San Luigi, teatro del dramma. «È successo tutto
poco dopo le 16 e io, a quell’ora, non ero in canonica. Quando sono
rientrato, un’oretta più tardi, mi hanno avvertito che alcune donne,
sentendo urlare, erano entrate in chiesa e là dentro… ». Scuote
la testa il sacerdote: «È incredibile. Conosco bene quella giovane
donna e a questo dramma non so trovare una spiegazione logica. Forse
perché quanto successo non è spiegabile».
Una
donna, commerciante in paese, non sa darsi pace. «La conoscevo bene
– ammette – e nessuno si sarebbe potuto aspettare una cosa del
genere. Mi vengono i brividi soltanto al pensiero di quel che è
successo». Aggiunge un’anziana: «So che aveva problemi familiari ma
non tali da indurla ad accoltellare la figlioletta e poi a rivolgere
il coltello contro se stessa. A me sembrava serena, che cos’altro
posso dire?».
Menaggio
(CO) – Dopo
la separazione, figli affidati a madre: che tenta di accoltellarne
uno
10
marzo 2007

– Una discussione tra madre e figlio ha rischiato di trasformarsi in
tragedia. La donna ha impugnato un coltello da cucina ed ha iniziato
a menar fendenti all’indirizzo del ragazzo. La donna, 40enne, è
piantonata in ospedale con l’accusa di tentato omicidio, dopo che
durante un diverbio ha accoltellato il figlio di 15 anni.
Il
ragazzo se l’è cavata con ferite lievi (prognosi di 10 giorni). Sono
stati i medici del pronto soccorso a contattare gli inquirenti, dopo
che hanno visto arrivare in ospedale il 15enne sanguinante a una
mano, accompagnato dalla sorella maggiore. Ai sanitari i due ragazzi
hanno spiegato che a causare la ferita era stata una coltellata
inferta dalla madre, con la quale i due figli vivono dopo la
separazione dal marito.
Da
quanto ricostruito, pare che durante un banale litigio la donna abbia
impugnato il coltello e che il ragazzino, nel tentativo di
difendersi, si sia ferito alla mano. Stamani la madre sarà
interrogata dal gip per la convalida dell’arresto.
Cagliari
Dopo
la separazione, figli affidati alla madre: che li segrega fra i
rifiuti
12
settembre 2008

– Cagliari,
una perdita d’acqua fa scoprire gli orrori di una casa vicino al
centro. La madre arrestata per maltrattamenti e abbandono di minori.
I tre bambini di 7, 12 e 13 anni affidati ad un istituto, il papà
non può accudirli.
Telefonata
nella notte ai vigili urbani perché dal piano di sopra pioveva acqua
e nessuno apriva la porta: bisognava forzarla, i vigili del fuoco
attrezzati per farlo, però non bastavano perché ci voleva
un’autorizzazione, e così sono arrivati gli agenti della squadra
Volante.
Mezzora dopo la telefonata per l’acqua, vigili e poliziotti entravano in un
antro maleodorante, disseminato di immondizie verminanti, escrementi
umani e animali, piatti di plastica con cibo putrefatto e tre
bambini, chiusi a chiave con due gatti in una stanza, addormentati
nudi su materassi senza lenzuola, impregnati di urina. La madre è
stata arrestata.
Le manette gliele hanno messe nella stanza accanto: all’una e trenta
era arrivata mentre agenti e vigili armeggiavano davanti alla porta
di casa sua, sesto piano di una palazzina normale, vicino a piazza
Giovanni XXIII, centro città, senza apparenti disagi abitativi, e
nicchiava davanti alla richiesta dei vigili di entrare a cercare la
perdita.
Voleva
far da sola, ma gli agenti, vista la portata della colata d’acqua
al piano di sotto, hanno insistito per sostenere i vigili del fuoco,
certi che ci fosse qualcosa di urgente da sistemare. Così si sono
infilati nella porta e basta, seguendo la donna che alla fine ha
acceso la luce sulle incredibili condizioni del suo appartamento:
neppure piccolo, qualche stanza, due bagni, cucina.
«Vive
sola?», le hanno chiesto gli agenti ed è saltato fuori il resto.
«Ci sono i bambini, dormono». «Vediamoli», hanno tagliato corto i
poliziotti sconcertati.
La
donna ha preso una chiave e ha aperto la porta della loro camera. Un
altro antro nero, con un letto a castello e due soli materassi, due
figli di 12 e 13 anni coricati assieme giù, e il bambino di 7 anni
nel piano di sopra. Dormivano, si sono svegliati e hanno cercato di
nascondersi dietro il misero letto. Era chiusa a chiave anche la
porta finestra che dà sulla veranda.
C’erano
cumuli di immondizie e resti di cibo pure in quella stanza,
escrementi dei bambini e dei gatti, cibo per gatti, un tanfo
irrespirabile. La donna è stata arrestata in flagranza di
maltrattamento e abbandono di minori; ai bambini gli agenti hanno
tentato di spiegare quel che stava succedendo, è stato chiamato il
padre (separato dalla madre), che non si è rifiutato di prenderli ma
ha anche detto che non sapeva neppure dove li avrebbe potuti far
dormire.
Così
gli agenti – che intanto avevano avvertito il magistrato di turno
Alessandro Pili e la procura del tribunale per i minori – hanno
portato i tre bambini in una comunità adatta a loro e adesso la
magistratura minorile dovrà cominciare le ricerche per capire molte
cose: cos’è successo in quella famiglia, com’è che nessuno –
scuola, vicini, parenti – ha potuto intuire e segnalare, perché la
madre è arrivata a quel punto.
Gli
agenti, guidati dal dirigente della squadra Volante Gian Franco
Murgia, hanno cominciato le indagini sulla condotta dei familiari e,
quando madre e bambini avevano lasciato la casa, hanno chiamato i
colleghi della polizia Scientifica per i rilievi. Dentro il
frigorifero cibi putridi coperti di mosche, in bagno escrementi a
cielo aperto: ieri mattina il dirigente spiegava che, a memoria sua e
dei collaboratori, mai in città era stata trovata una situazione del
genere, a tratti anche inspiegabile.
Lei,
quarant’anni, nata vicino a Cagliari, probabilmente aveva un lavoro
come donna delle pulizie, non si sa per ora se in un’impresa o in
una casa privata. Il marito, legalmente separato, fa il cameriere in
un locale. Ieri, anche se non si è sottratto alla proposta di
custodirli, gli agenti hanno ritenuto opportuno avvertire le
magistrature competenti sul caso e chiedere di portare via i piccoli.
Già oggi la donna sarà ascoltata in carcere (Buoncammino) e si
valuterà la posizione del marito.
Foligno
(PG) – Dopo
la separazione, figlia affidata alla madre: che la tratta da schiava
24
marzo 2009

– Una donna è stata denunciata per maltrattamenti dal personale del
commissariato di Foligno. Per lei l’accusa è di vessazioni
psicologiche nei confronti della figlia di poco più di 11 anni e di
averla colpita con qualche schiaffo. La piccola è stata affidata
temporaneamente ad altri familiari dal tribunale dei minorenni di
Perugia.
Sull’indagine
, ancora in corso, viene mantenuto il massimo riserbo, così come
sull’identità delle persone coinvolte.
La
donna indagata è separata dal marito da qualche tempo, e la bambina
viveva con lei. In base alla versione accusatoria la bambina veniva
picchiata, obbligata a fare tutti i servizi necessari per portare
avanti una casa e umiliata sul modo di vestirsi e sui compiti
scolastici. Dagli accertamenti è per altro emerso che il padre fosse
all’oscuro di questi episodi.
Civitavecchia
(RM) – Dopo
la separazione, figlio affidato alla madre: che lo abbandona da solo
in casa
7
aprile 2009

– Una storia che è venuta alla luce soltanto ieri, intorno all’una
del pomeriggio. Al 113 arriva una telefonata, dall’altra parte del
filo un bambino di undici anni. Questi racconta all’agente di polizia
di essere solo in casa, che è una cosa che succede spesso. La madre,
trent’anni di Civitavecchia, lavora saltuariamente presso una ditta
di pulizie; separata dal marito di dieci anni più grande di lei,
operaio.
Il
bimbo racconta che viene spesso e volentieri lasciato da solo.
L’agente, lì per lì, pensa che si tratti di uno scherzo, ma per
scrupolo avverte chi di dovere e parte una macchina della polizia
verso l’indirizzo fornito dal bambino, in un quartiere popolare della
città. Gli agenti del vice questore Sergio Quarantelli arrivano ed
effettivamente trovano il ragazzino solo in casa. A quel punto i
poliziotti vogliono vederci più chiaro, e si fanno raccontare tutto
dal bambino.
Questi
dice che la mamma spesso lo lascia solo, che deve prepararsi il
pranzo, a volte la cena, perché la madre esce anche la sera,
rientrando piuttosto tardi, a notte fonda. A volte lo picchia, e
quindi lui vorrebbe andare dal padre.
La
polizia quindi, ha fatto scattare la denuncia per abbandono di minore
e per maltrattamenti i famiglia nei confronti della donna. Ha
avvertito la procura presso il tribunale dei minori di Roma, che
seduta stante ha affidato il piccolo al papà.
Taranto
Dopo
la separazione, figli affidati alla madre: che li picchia fino a
rompere il naso
10
settembre 2009


Una
donna di 26 anni, è stata arrestata dalla Polizia in provincia di
Taranto con le accuse di maltrattamenti in famiglia e lesioni
personali aggravate nei confronti dei figli, uno dei quali, di 4
anni, ha riportato gravi lesioni ed è ricoverato in ospedale in
attesa di intervento chirurgico.
È
accaduto lunedì scorso, e, dopo la denuncia da parte dell’ex
marito della donna, che aveva notato i segni di violenza sul volto
del bambino, la polizia ha avviato le indagini. I bambini hanno
raccontato al padre che la madre aveva colpito con il manico di una
scopa, il più piccolo dei figli, causandogli una frattura nasale.
L’uomo,
dopo aver portato il piccolo in ospedale per accertamenti, ha
denunciato l’accaduto e gli agenti hanno verificato che già in
passato la donna si era resa responsabile di analoghi episodi nei
confronti dei piccoli. Alla luce degli elementi raccolti a carico
della donna e considerato il pericolo che la stessa potesse reiterare
questi comportamenti, la 26enne è stata arrestata.
Castenaso
(BO) – Dopo
la separazione, figli affidati alla madre: che li uccide entrambi
24
settembre 2009

– Una
donna di 36 anni, italiana, ha ucciso i suoi due figli – un bimbo di
sei e una bimba di cinque anni – all’interno della loro abitazione di
Castenaso, grosso comune alle porte di Bologna, e poi si è uccisa
gettandosi dalla terrazza al secondo piano di una palazzina di via
Mazzini, nel centro del paese.
Secondo
le prime notizie, la madre – di cui non sono state diffuse le
generalità – avrebbe soppresso i due bambini durante la notte,
accoltellandoli e poi affogandoli, anche se la dinamica è ancora da
chiarire. La donna, che è separata dal marito, ha poi messo fine
alla sua vita con il salto nel vuoto.
Sono
intervenuti i carabinieri della compagnia di Medicina e del Reparto
operativo di Bologna. L’inchiesta sulla tragedia familiare è
coordinata dal sostituto procuratore di turno, Marco Imparato.
Mamoiada
(NU) – Dopo
la separazione, bimba affidata alla madre: ma fugge nel gelo della
notte per raggiungere il papà
5
dicembre 2009

– Voleva
raggiungere il padre a Mamoiada, così è uscita silenziosamente da
casa mentre la madre dormiva e si è incamminata da sola sulla
tangenziale, determinata a farsi venti chilometri a piedi, nonostante
l’oscurità e il freddo pungente di una notte da lupi. Alcuni
automobilisti l’hanno notata mentre, spaventata e infreddolita,
vagava avvolta nel suo piumino all’interno della pericolosissima
galleria di Mughina e, senza perdere tempo, hanno avvisato i
carabinieri, che fortunatamente l’hanno raggiunta nel giro di pochi
minuti e portata subito al sicuro. Protagonista della struggente fuga
una bimba di dieci anni che, da quando i genitori si sono separati,
vive con la madre a Nuoro.
L’episodio,
che poteva avere conseguenze tragiche, è accaduto nella notte di
giovedì. Quasi certamente la piccola aveva studiato il suo piano da
tempo, ma ha deciso di metterlo in pratica solo l’altro ieri, quando
ha trovato il coraggio necessario. Dietro la fuga non ci sarebbe
infatti alcun litigio con la madre, ma solo la disperata voglia di
stare insieme all’amatissimo padre e vivere con lui. Un desiderio di
cui probabilmente in pochi si erano accorti, di certo non i giudici
che hanno deciso a chi tra i genitori affidarla.
Così
giovedì la bimba ha deciso che era arrivato il momento di correre
dal babbo: ha atteso che la madre andasse a dormire, poi si è alzata
dal letto e si è rivestita, stando attenta a non fare il minimo
rumore. Poi ha preso con sé pochi effetti personali, si è infilata
il giubbotto imbottito di piume ed è uscita dal portone. La mamma
non si è accorta di nulla e ha continuato a dormire tranquillamente.
Una
volta in strada la bimba ha percorso alcune vie cittadine, passando
da piazza Veneto e ridiscendendo la strada che costeggia l’anfiteatro
comunale. Pochi minuti ed è arrivata all’imbocco della tangenziale,
con in testa la folle idea di percorrerla tutta per arrivare così
sino alla statale 389 che porta a Mamoiada. Un percorso che la bimba
conosce bene, visto che l’ha fatto tante volte in auto insieme al
padre. E che aveva deciso di ripetere a piedi, pur di coronare il suo
sogno.
Attorno
all’una e trenta alcuni automobilisti che transitavano nella galleria
di Mughina l’hanno vista camminare a passo spedito rasente alla
parete del tunnel. Non si sono fermati, forse per paura di provocare
incidenti. Ma non hanno esitato un attimo a prendere il cellulare e
comporre il 112. «C’è una bimba che sta camminando dentro la
galleria della tangenziale – hanno detto alla sala operativa
dell’Arma – intervenite subito perché rischia di essere investita».
I militari non hanno perso un secondo e una pattuglia che si trovava
in zona è stata subito spedita nel punto indicato dai testimoni.
Quando
la gazzella è arrivata nella tangenziale la bimba era ormai uscita
dalla galleria e stava proseguendo la sua marcia in direzione della
389. Con molta delicatezza i militari l’hanno soccorsa, facendola
salire in auto. Lei ha detto solo una frase: «Voglio andare da
babbo». Poi, una volta in caserma, ha rivelato il suo nome. Quando i
carabinieri hanno bussato alla porta di casa sua, la madre dormiva
ancora. Non si era accorta di nulla. Ora rischia una denuncia per
omesso controllo di minore.
Migliarina
(SP) – Dopo
la separazione, figlio affidato alla madre: che lo picchia. Salvato
dal padre
18
gennaio 2010

– Una
giovane donna avrebbe picchiato il figlio con una stecca. A
denunciare l’episodio il figlio, minorenne, che ha chiesto
l’intervento del padre.
Il
tutto sarebbe accaduto l’altra sera a Migliarina. Una giovane
donna, separata dal marito, avrebbe avuto un violento litigio con il
figlio adolescente, nel corso del quale sarebbe arrivata a picchiarlo
con una stecca.
E’
quanto ha riferito il figlio al padre, chiamandolo al telefono e
chiedendo un suo intervento. L’uomo ha chiamato i Carabinieri ed
una pattuglia è giunta sul posto. La donna ha negato di aver
picchiato il figlio, mentre questi ha dichiarato di aver subito
violenze anche in passato.
Il
Tribunale dei minori si sta ora occupando del caso.
Slovenia
Dopo
la separazione, figli affidati alla madre: che li soffoca entrambi

28
marzo 2009


(Apcom) Tragedia familiare a Sesana, una cittadina in Slovenia a
pochi chilometri da Trieste. Una madre 35enne ha soffocato i due
figli, di due e quattro anni, nella sua abitazione. La donna, secondo
quanto si apprende, li avrebbe uccisi nella notte tra sabato e
domenica.

La
notizia viene riportata oggi dal quotidiano ‘Il piccolo di Trieste’.
La notizia, però, è stata resa nota solo ieri dalla Polizia di
Capodistria, con un breve comunicato inviato ai giornali.
Dopo
avere soffocato i due figlioletti, Ema di due anni e Mitja di
quattro, ha chiamato suo padre, Iztok Mislej, un medico che vive
nella stessa località sul Carso sloveno. L’uomo, arrivato
nell’abitazione della figlia, ha trovato sul divano, uno accanto
all’altro distesi, i corpi esanimi dei due bambini. È stato inutile
il tentativo dell’uomo di rianimarli. L’ambulanza è stata chiamata
proprio dal padre della donna, che ha poi avvisato anche Edward
Gorup, il padre dei due bambini, separato dalla moglie.
Alla
donna, dopo la separazione dal marito, erano stati assegnati i due
figli.
Secondo
una prima ricostruzione i due bambini potrebbero essere stati
soffocati con un cuscino.
24
marzo 2010


Pallida, provata, ha ascoltato la sentenza impassibile, senza
reagire: Kristina Mislej, la donna che ha ucciso i suoi due figli,
Mitja di 4 ed Ema di 2 anni, è stata condannata a 20 anni di
carcere. Le condanne in realtà sono due: 14 anni per ognuno dei due
figli uccisi, ma la pena cumulativa è di 20 anni di reclusione.
Il
fatto, che ha scosso l’opinione pubblica slovena, ma anche quella
triestina – la Mislej, 36 anni, estetista, aveva lavorato per un
periodo anche a Opicina – risale al 28 marzo 2009. Quel giorno, in
un appartamento del condominio a poca distanza dal centro di Sesana,
la donna, che aveva problemi con l’alcol, ha ucciso, soffocandoli
probabilmente nel sonno, i suoi due figli.
Poco
dopo mezzanotte aveva telefonato al padre Iztok Mislej, uno stimato
medico che vive nella stessa località del Carso sloveno, chiedendo
aiuto. Non sentiva più respirare i piccoli, aveva detto. L’uomo si è
precipitato subito nell’appartamento della figlia. Lì Kristina era
in attesa; sul divano erano distesi, uno accanto all’altro, i due
piccoli corpi esanimi. Per loro non c’era più nulla da fare: tutti i
disperati tentativi di rianimarli si sono rivelati inutili.
Nella
sentenza, letta dal giudice Darja Srebotic, che ha presieduto la
Corte del Tribunale circondariale, si rileva come le prove raccolte
nel corso delle indagini dimostrano senza ombra di dubbio che al
momento dell’omicidio, tra le 18 e le 24 di quel giorno, la Mislej
era in casa da sola con i due bambini. L’ex consorte della donna e
padre delle due vittime, Edvard Gorup (all’epoca i due erano già
separati) in quel momento si trovava altrove.
Non
è stato invece possibile stabilire se i piccoli sono stati uccisi
nel sonno e in quale stanza dell’appartamento fosse stato commesso il
duplice infanticidio.
Perugia
Dopo la separazione, figlia affidata alla madre: che la fa
violentare e uccidere dal nuovo convivente

18
luglio 2005

Si
è avvalsa stamani della facoltà di non rispondere, davanti al gip
di Perugia, Tiziana Deserto, la madre di Maria Geusa, la bambina
uccisa nell’aprile dell’anno scorso a Città di Castello che stamani
doveva essere interrogata nell’ambito del processo con il rito
abbreviato a Giorgio Giorni, l’imprenditore accusato del delitto.

La
donna, 32 anni, originaria di Manduria (Taranto) deve rispondere di
concorso nell’omicidio e nella violenza sessuale, nonché di
maltrattamenti nei confronti della figlia. ”Risponderà quando ci
sarà il suo avvocato” ha spiegato all’uscita dall’aula l’avvocato
Eugenio Zaganelli, uno dei legali della famiglia Geusa. Il difensore
di fiducia della Deserto, l’avvocato Gianni Zaganelli, è infatti
assente da tempo perché malato.
La
madre di Maria Geusa – che si è sempre proclamata estranea agli
addebiti – ha lasciato il palazzo di giustizia senza parlare con i
giornalisti. Con lei, come sempre, il marito Massimo. Il processo con
il rito abbreviato a Giorni – accusato di omicidio e di avere
violentato la bambina – è stato quindi rinviato al 12 settembre per
sentire i periti medico-legali.
Il
19 settembre compariranno invece davanti al gip gli esperti che hanno
esaminato le tracce di Dna trovate sui vestiti della piccola. Dal 4
al 6 ottobre è stata invece fissata la discussione del processo.
Mercoledì
riprenderà invece l’udienza preliminare a carico della Deserto (la
posizione della quale era unita inizialmente a quella di Giorni ma è
stata poi separata in seguito al malore dell’avvocato Gianni
Zaganelli). Il gip sentirà, con la formula dell’incidente
probatorio, l’imprenditore originario di Sansepolcro arrestato subito
dopo l’omicidio.
Oggi
il suo difensore, l’avvocato Giancarlo Viti, ha preferito non dire se
il suo assistito (già interrogato il 28 maggio scorso nel processo a
suo carico) risponderà alle domande del giudice.
Giorni
ha sempre sostenuto di avere colpito la bambina (che gli era stata
affidata dalla madre) nella sua abitazione di Città di Castello,
negando però di averla voluta uccidere. Giorni ha inoltre sempre
respinto l’accusa di avere violentato Maria Geusa.
9
giugno 2010


La Corte d’Assise d’Appello di Perugia ha confermato oggi la condanna
a 15 anni di reclusione per Tiziana Deserto, la madre di Maria Geusa,
la piccola morta a due anni e 7 mesi nell’aprile del 2004. La bambina
era stata violentata sessuale e poi brutalmente picchiata da Giorgio
Giorni, condannato all’ergastolo, a cui la Deserto affidava la
bambina. La donna è stata condannata per concorso in omicidio e
violenza sessuale ai danni della bambina, e assolta per l’accusa di
maltrattamenti. Tiziana Deserto, si è sempre proclamata innocente, e
lo ha fatto anche ieri rivolgendosi alla Corte, ” giudicatemi
serenamente perché sono innocente” aveva ripetuto. Il pg
Giancarlo Costagliola aveva chiesto che la donna venisse condannata a
19 anni di reclusione (poi furono 15 quelli a sentenza, ndr.), come
già era stato chiesto in primo grado dalla pubblica accusa. Per
l’accusa Tiziana Deserto, avrebbe “ceduto” la bambina a
Giorni, consapevole delle violenze dell’uomo. E Tiziana non poteva
non essersi accorta di “segni inequivocabili”. Per la
Procura, c’era una “comunanza d’intenti” tra la donna e
Giorni. Gli avvocati Gianni ed Eugenio Zaganelli, autori di
un’appassionata difesa, avevano invece sollecitato l’assoluzione
della loro assistita. Secondo la loro ricostruzione, la Deserto,
insoddisfatta della vita che conduceva, avrebbe visto nel datore di
lavoro di suo marito “una svolta”. Secondo la difesa, la
donna si era innamorata di lui, si fidava talmente tanto da
affidargli la bambina, anche e soprattutto, in vista di una futura
convivenza, data per certa dalla Deserto. Per questo quella fatidica
mattina, quando lui si offrì di badare alla bimba invece di portarla
all’asilo, lei ne fu ben felice, convinta che servisse per farli
conoscere. Maria Geusa morì il 6 aprile 2004 nell’ospedale di Città
di Castello dopo un giorno di coma irreversibile, due arresti
cardiaci e sofferenze irripetibili testimoniate dal corpicino
martoriato della piccola: lesioni interne ed esterne e gravi lesioni
sessuali. Maria è morta per lo “Shaken baby syndrome”,
ovvero la sindrome del bambino scosso.
17
maggio 2012


Per Tiziana Deserto la condanna per concorso nell’omicidio della
figlia Maria Geusa, morta all’età di due anni e sette mesi a Città
di Castello è ora definitiva. Dopo una lunga camera di consiglio la
Cassazione ha infatti confermato stasera i 15 anni di reclusione (tre
condonati) inflitti in primo e secondo grado dai giudici di Perugia,
pur escludendo l’aggravante della crudeltà. Per la donna –
indagata finora a piede libero – a breve si apriranno quindi, forse
già domani le porte del carcere. Anche se lei si è sempre
proclamata innocente.
«Devo
accettarla. Non posso fare diversamente» ha detto la Deserto a uno
dei suoi difensori, l’avvocato Eugenio Zaganelli, riferendosi alla
sentenza, attesa nella casa della madre a Latiano (Brindisi). La
donna è stata condannata anche per concorso nella violenza sessuale
subita dalla figlia.
Alla
Cassazione avevano fatto ricorso i suoi difensori, gli avvocati
Gianni ed Eugenio Zaganelli, chiedendo l’annullamento della
sentenza d’appello e quindi l’assoluzione della loro assistita.
Maria
Geusa morì il 6 aprile del 2004 in seguito alle violenze subite
dall’imprenditore edile Giorgio Giorni, condannato definitivamente
all’ergastolo. Secondo la ricostruzione accusatoria, la Deserto gli
affidò la figlia dopo essersi innamorata dei lui. Per Giorni
lavorava anche il padre della bambina.
La
Deserto si è sempre proclamata estranea alle accuse sostenendo di
essere stata all’oscuro delle violenze sulla figlia e di essersi
fidata di Giorni, per il quale lavorava il marito.
Dopo
avere a lungo vissuto a Città di Castello la donna era tornata con
la famiglia in Puglia, regione della quale è originaria e ora vive
in un piccolo centro della provincia di Brindisi.
Caltanisetta
Dopo
la separazione, figli affidati alla madre: che li trascura ed
impedisce loro di vedere il padre
10
agosto 2010

– Deferita
in stato di libertà G.L., nissena di 34 anni, separata, casalinga,
per abbandono di minori e “mancata esecuzione dolosa di un
provvedimento del giudice”. La donna, incurante delle prescrizioni
imposte dal decreto di separazione coniugale, precludeva al marito di
incontrare i figli minori, che più volte lasciava in stato
d’abbandono.
Gela
(CL) – Dopo la separazione, figli affidati alla madre: che li annega
23 aprile 2010

Una donna ha tentato di uccidersi insieme ai figli gettandosi in mare, lei si è salvata mentre i due bambini di 2 e 9 anni sono morti. È una tragedia senza fine quella avvenuta sulla spiaggia di Gela, in provincia di Caltanissetta. Una donna di 30 anni, recentemente separata dal marito. Dopo l’omicidio e tentato suicidio, nella zona balneare di Manfria, ha chiamato i carabinieri dicendo di aver ucciso i propri figli. Quindi è stata portata in ospedale e lì le sono stati somministrati dei sedativi. La donna è giunta sul posto (a sei chilometri dall’abitato, in direzione di Licata) con una Nissan Micra, che è stata ritrovata vicino alla spiaggia. Difficili le operazioni di recupero dei due corpi a causa del mare mosso: quello del bambino di 9 anni è stato trovato dai carabinieri e sono in corso le ricerche dell’altro. I due piccoli portavano il cognome del padre. Secondo quanto riporta l’agenzia Agi il bambino più grande soffriva di autismo. Ma la notizia più recente è del 2013 in cui la Cassazione assolve la signora perchè persona non imputabile dei fatti. Dormirà serenamente questa signora? Ce lo chiediamo, anche perchè la notizia per la quale siamo stati invitato dal suo avvocato di “eliminare” la fonte per il diritto all’oblio della signora, è rimbalzata in così tante testate e blog che sarà davvero un impresa ma soprattutto perchè tali imprese non v’è giustizia che possa assolverle e la sua coscienza rimarrà per sempre un terreno di battaglia. Altro che diritto all’oblio.

Cartello
agghiacciante, al limite dell’apologia d’infanticidio
27
aprile 2010


Una composizione di rose bianche a forma di cuore con la scritta
«mamma» e un piccolo pupazzo di Winnie the Pooh. Sono gli ultimi
«regali» ai suoi bambini di Vanessa Lo Porto, la casalinga di 31
anni che venerdì scorso ha annegato i due figli Andrea Pio e
Giuseppe Rosario, di due e nove anni, perché affetti da autismo.
Le
rose e il pupazzo erano tra le due bare bianche all’interno della
chiesa di San Rocco a Gela, affollata da tantissime persone, dove
stamani si sono svolti i funerali. All’esterno
della parrocchia una grande cartellone con tanti palloncini bianchi,
fatto preparare dai familiari della donna: raffigura le foto dei due
bimbi e la scritta «La nostra mamma ci ha riservato un futuro
migliore»
.
Alla
cerimonia erano presenti i genitori e i fratelli di Vanessa Lo Porto
e il marito Marco D’Augusta, 38 anni, che da sei mesi era separato
dalla moglie. Le due famiglie, che siedono su file opposte, si sono
divise anche sulla scelta della chiesa dove celebrare le esequie.
Assente invece la mamma dei due bimbi che da ieri è agli arresti
domiciliari in una clinica di riabilitazione neuro-motoria di Troina
(Enna).
«Siamo
qui non per dare giudizi, né per condannare», ha detto nella sua
omelia Don Enzo Romano, il parroco della chiesa di San Rocco. Il
sacerdote li ha definiti «due piccoli martiri» ma ha ammonito: «non
sappiamo quale dramma ha potuto vivere la madre in quel momento. Solo
Dio sa quello che ha provato nel cuore e nella mente, un inferno che
le ha fatto perdere la ragione». Il parroco ha anche sottolineato
che «sono state dette tante stupidaggini: questo è il momento di
stare in silenzio e capire». All’inizio della cerimonia la sorella
di Vanessa Lo Porto, Lorena, è svenuta per la tensione ma si è
ripresa quasi subito e ha continuato ad assistere al rito. Nei primi
banchi, accanto alle due bare bianche, sono presenti anche la preside
e gli insegnanti della scuola elementare «Quasimodo» che era
frequentata da Giuseppe Rosario.
Nessuna
riconciliazione tra le famiglie. Nessuna riconciliazione, nemmeno di
fronte all’appello dal parroco che ha invitato a «scambiarsi un
segno di pace», tra le due famiglie. I genitori e le sorelle e il
fratello di Vanessa sono rimasti fermi sui loro banchi, così come il
marito della donna, Marco D’Augusta, che si trova sulla fila opposta
insieme ai sui familiari.
La
zia: in paradiso potrete giocare. «Siamo felici perché finalmente
potrete giocare con altri bambini, lassù in Paradiso». Lo ha detto
Morena Lo Porto. La sorella di Vanessa Lo Porto, che all’inizio della
cerimonia era anche svenuta, è salita sul pulpito per l’ultimo
saluto ai nipotini: «adesso potrete fidanzarvi e non avrete mai la
possibilità di una delusione amorosa», ha aggiunto con un implicito
riferimento alla separazione tra i genitori dei due bimbi. E
rivolgendosi ad Andrea Pio, il più piccolo dei due fratellini, ha
concluso: «ti volevo dare il mio amore, il calore, ma è stato tutto
inutile».

4
settembre 2010

Incapace di intendere e di volere. La perizia della procura di Gela
conferma che le condizioni psicologiche di Vanessa Lo Porto, la donna
che ad aprile ha annegato i due figli di 9 e 2 anni, erano labili.
Nei giorni scorsi i consulenti incaricati dal sostituto Monia Di
Marco hanno consegnato la perizia effettuata sulla donna. Psicologi e
psichiatri, nominati anche dalla difesa della donna e dall’ex
marito di quest’ultima, hanno confermato lo stato mentale di
Vanessa Lo Porto.

Quando
la mattina del 23 aprile scorso fece annegare nel mare di Manfria, a
circa 8 chilometri dal centro abitato di Gela, i figli Giuseppe e
Andrea Pio, la giovane madre era affetta da stato ansioso e
depressivo. Non ha ucciso dunque con premeditazione i suoi bambini,
affetti da autismo.
I
consulenti sono stati incaricati dalla Procura di Gela lo scorso 8
maggio. L’obiettivo è quello di verificare l’imputabilità
dell’imputata, che si trova agli arresti domiciliari in una
struttura del Trentino con l’accusa di duplice omicidio aggravato.
I
periti hanno stabilito che Vanessa Lo Porto non era in se quando ha
ucciso i suoi bambini. Prima di chiudere il cerchio la procura vuole
però completare la fase d’indagine preliminare con un incidente
probatorio. Lo ha già chiesto al Gip, mentre il legale della donna
chiederà, proprio sulla base della perizia, la scarcerazione della
sua assistita.
Se
anche dall’incidente probatorio emergerà la non imputabilità di
Vanessa Lo Porto, l’inchiesta giudiziaria potrebbe essere
archiviata senza alcun processo. La tragedia di Gela sconvolse la
collettività e le immagini dei due bambini fecero il giro dei media
nazionali.

fonte

18
settembre 2010

Vanessa Lo Porto, l’infanticida che ad aprile ha annegato i due
figli autistici, è una donna libera. Lo ha deciso il Gip del
tribunale di Gela, Veronica Vaccaro, con il parere favorevole della
procura. La giovane madre avrà soltanto l’obbligo di divieto di
dimora a Gela, la città dove vivono genitori e sorelle, oltre che il
marito dalla quale si stava separando. La richiesta di scarcerazione
era stata formulata dai legali Flavio Sinatra e Raffaella Nastasi.
Vanessa Lo Porto si trovava agli arresti domiciliari presso una
struttura specializzata di recupero nel trentino, dove da mesi sta
seguendo un percorso terapeutico di tipo psicologico. Malgrado abbia
la possibilità adesso di recarsi in qualsiasi città, in totale
stato di libertà, sia la giovane madre che i familiari, hanno deciso
di continuare la terapia nel centro in provincia di Trento.
Continuerà a curarsi.

Secondo
il Gip sono venute meno le esigenze cautelari. Il magistrato ha
valutato con grande attenzione la perizie di parte, sia quelle
disposte dalla Procura che quelle prodotta dalla difesa, depositate
il 3 settembre scorso. Psicologi, psichiatri, nominati anche dalla
difesa della donna e dall’ex marito, hanno confermato lo stato
mentale di Vanessa Lo Porto. «Incapace di intendere e di volere». È
stato questo il responso che ha fatto pendere dalla parte della donna
la perizia, che ha ucciso i due figli di 9 e 2 anni, Giuseppe e
Andrea Pio, annegandoli nel mare di Manfria.
Aprilia
(RM) – Dopo
la separazione, figlia 16enne affidata alla madre: che la
prostituisce
13
ottobre 2010

– Sesso in auto con il compagno della madre che assiste alla scena.
E’ successo la scorsa sera a La Gogna, zona periferica di Aprilia. La
protagonista della vicenda ha solo 16 anni e, a detta dei
carabinieri, questa potrebbe non essere stata la prima volta. L’uomo
e la donna sono finiti in manette con l’accusa di violenza sessuale
nei confronti di minore; per il primo si sono spalancate le porte del
carcere di Latina, lei è a Rebibbia.
La
scena che si è presentata agli occhi degli uomini dell’Arma,
impegnati nel controllo del territorio, è stata agghiacciante. Nella
piccola utilitaria di proprietà dell’uomo, ferma in una zona buia e
isolata, c’erano la ragazza, completamente nuda, il 59enne compagno
della madre che aveva pochi abiti addosso e la donna stessa, di 44
anni, vestita. In un angolo dell’abitacolo c’era lo zainetto del
59enne nel quale i militari hanno trovato diversi preservativi. Alla
vista dei carabinieri, i tre avrebbero inizialmente negato che nella
vettura si stesse consumando un rapporto sessuale. Solo in un secondo
momento sarebbe arrivata l’ammissione della madre.
«La
16enne – spiega il maggiore Luca Nuzzo della Compagnia di Aprilia –
dimostrava una certa disinvoltura. Sospettiamo che non si trattasse
di un caso isolato». Resta da chiarire se si trattava di rapporti
occasionali o concordati e se fosse una sorta di «addestramento»
alla prostituzione. I tre, infatti, originari della provincia di
Roma, ma da anni residenti ad Aprilia, vivono tutti nella stessa
casa, a Campoverde, insieme al marito della donna (malato e dal quale
si è separata) e agli altri tre figli: la gemella della 16enne e due
minori di 13 e 14 anni.
Nel
2003 la 44enne era stata sorpresa a prostituirsi nella propria
abitazione e il Tribunale di Roma le aveva tolto i figli, affidati a
delle famiglie di Roma e Aprilia. Il compagno, senza un lavoro fisso,
era finito in manette, 15 anni fa, per traffico internazionale di
sostanze stupefacenti e possesso di armi.
Tufo
(AV) – Dopo
la separazione, madre affidataria denunciata dalla figlia, che si
rifugia dal padre
19
novembre 2010

Maltrattata,
trascurata e con una storia familiare alle spalle davvero difficile.
Case popolari di Tufo, comune dell’Irpinia, quell’appartamento al
piano rialzato è sempre stato la casa degli orrori. Perché quella
ventenne di B.D. ogni volta doveva subire percosse e violenze da una
mamma che non riusciva più a riconoscerla come figlia.
Probabilmente,
da una prima ricostruzione, la separazione definitiva dal marito, che
si è rifatto una vita nuova a Salerno, ha fatto traboccare il vaso.
Da quel momento la donna ha sprigionato tutta la sua rabbia sulla
giovanissima che già da tempo ha dovuto subire simili umiliazioni e
violenze. Non fosse altro che le turbe mentali della donna L.M. negli
ultimi periodi si fossero quintuplicate, tanto da spingere anche a
vari ricoveri presso gli ospedali di igiene mentale, ma le cure non
sono riuscite a frenare quell’istinto non materno… puntualmente
feroce.
Violenze,
continue violenze, di una quotidiana disumanità. Le ventenne veniva
reclusa, non poteva uscire se non quando decideva lei e solo in sua
compagnia.
Un
evidente caso di perversione patologica con effetti devastanti sulla
povera vittima che l’ha portata finalmente allo scoperto dalla
coraggiosa denuncia della ventenne. Dopo l’ultimo pestaggio, stanca
dei maltrattamenti e della schiavitù in cui era stata ridotta, ma,
probabilmente anche preoccupata che le violenze potessero essere
sempre maggiori ha portato quest’ultima a rivolgersi allo Studio
Legale Avv. Fabiola De Stefano Avv. Danilo Iacobacci di Altavilla
Irpina, che hanno provveduto a redigere delle querele per gli ultimi
episodi, configurando reati di stalking e lesioni; rimettendo gli
esposti al sindaco di Tufo ed al Piano di Zona Sociale, oltre che
interessando il Nosocomio di Solofra.
Ebbene,
le forze dell’ordine locali, unitamente a dei medici recatisi a
visitare la L.M. per un eventuale Trattamento Sanitario Obbligatorio,
si sono presentate presso l’abitazione dove vive la donna scoprendo
che la stessa si era dileguata e risulta allo stato irreperibile.
Notiziata la figlia, ha prodotto denuncia di scomparsa ai
Carabinieri.
Allo
stato dopo oltre 24 ore della L.M., persona disturbata mentalmente e
pericolosa per sé e per gli altri, ancora non v’è traccia;
risultando quindi al momento scomparsa.
24
novembre 2010

Ancora nessuna notizia della madre violenta accusata dalla propria
figlia. Proseguono le ricerche da parte delle forze dell’ordine e dei
compaesani. Prende corpo la pista di un allontanamento volontario,
anche perché la donna si sarebbe fatta sentire per telefono la
mattina di sabato per dire che prima o poi forse sarebbe tornata.
Intanto,
la vicenda ha commosso le istituzioni locali: il comune di Tufo
unitamente ai servizi sociali del Piano di Zona si stanno curando di
procurare una degna sopravvivenza alla giovane ventenne che ha
denunciato la madre di violenze e maltrattamenti.
Unica
nota positiva della vicenda è che i tristi fatti hanno riavvicinato
il padre alla giovane figlia, l’uomo aveva infatti da anni
abbandonato la famiglia proprio a causa della violenza e dei problemi
psichici della moglie. Ora l’uomo, ritornato sui suoi passi, e preso
atto della situazione di emergenza vissuta dalla figlia, si è
trasferito in provincia di Avellino ed ha preso presso di sé la
ragazza, che ha finalmente ritrovato un familiare con cui vivere.
Ad
interessarsi della vicenda i due avvocati Fabiola De Stefano e Danilo
Iacobacci a cui la giovane di Tufo è stata costretta a rivolgersi a
seguito delle violenze a cui era costretta a subire.
Oristano
Dopo
la separazione, figlio affidato a madre: che lo violenta col nuovo
compagno

luglio 2011

– Trent’anni di carcere sono stati inflitti a due genitori accusati
di violenza sessuale continuata e aggravata nei confronti del figlio
di cinque anni. Il Tribunale di Oristano (presidente Modestino
Villani), dopo due ore di camera di consiglio ha accolto la richiesta
di condanna del pubblico ministero Paolo De Falco nei confronti della
donna
di 53 anni
,
difesa dall’avvocato Lina Mereu, e del secondo
marito di 34 anni
,
assistito invece dall’avvocato Rosaria Manconi.
I
due genitori dovranno anche pagare una provvisionale di 250 mila euro
al bambino, tutelato dall’avvocato di parte civile Eloise Barria. La
vicenda risale al periodo compreso tra il 2005 e il 2007 e si e’
svolta in un paese del Marghine. Il bambino all’epoca aveva cinque
anni.
Secondo
quanto accertato, le violenze erano andate avanti per oltre due anni
e si erano interrotte solo quando i due erano finiti in carcere,
anche allora per violenza sessuale, nei confronti degli altri due
figli che la donna aveva avuto dal primo marito
.
Durante la detenzione alcune lettere che i due si erano scambiate
avevano consentito di portare a galla gli abusi sul piccolo.
fonteBassano del Grappa (VC) – Dopo la separazione, figli affidati alla madre-madrona: che li pesta. Salvati dai due padri
28 novembre 2011 – E’ stata condannata a scontare 2 anni e 8 mesi di carcere la madre-madrona di Padova che per lungo tempo ha maltrattato i suoi tre figli.

La donna, una 40enne padovana residente nel vicentino, ha vessato e picchiato i suoi tre figli di 16, 10 e 3 anni fino a quando uno di loro non ha trovato il coraggio di chiamare, nel 2008, Telefono Azzurro per denunciarne i maltrattamenti.
Come accertato poi dai referti medici, la donna picchiava abitualmente i minori con un battipanni o con rami di piante, li lasciava senza mangiare e addirittura li costringeva ad alzarsi anche alle 4 di mattina per far svolgere loro faccende domestiche, tra cui prepararsi il pranzo.
All’origine del comportamento della donna, che i colleghi descrivono come stimata e responsabile sul lavoro, pare ci fosse la difficoltà di gestire da sola tre figli, avuti da due uomini diversi. Il giudice di Bassano, Deborah De Stefano, l’ha condannata a 2 anni e 8 mesi di reclusione, mentre i figli sono stati affidati ai rispettivi padri.
Porto
Viro (RO) – Dopo
la separazione, figlia affidata alla madre: che la picchia
22
dicembre 2011

– Maltrattava la figlia minorenne dopo la separazione dal marito, e
per questo una donna di 45 anni, casalinga residente a Porto Viro
(Rovigo), è stata denunciata dai carabinieri.
La
donna, secondo quanto ricostruito dai militari dell’Arma, proprio a
seguito dei propri problemi coniugali avrebbe iniziato ad assumere un
atteggiamento violento con la figlia minorenne, fino alle percosse
per questioni futili.
Almeno
un episodio violento – secondo i carabinieri – si sarebbe verificato
nella casa dei nonni paterni, tanto che, oltre alla violenza su
minore, si sarebbe configurata l’ipotesi di violazione di domicilio.
La
posizione della donna è ora al vaglio della magistratura mentre a
titolo cautelativo è stato informato anche il Tribunale per i
Minorenni di Venezia. (Ansa)
USA
Dopo
la separazione, figlia affidata alla madre-madrona: salvata dal padre

4 febbraio
2012

– Ha
tagliato i capelli alla figlia e le ha spruzzato negli occhi e sul
corpo uno spray al peperoncino fatto in casa. La ragazzina di 13 anni
è stata così punita dalla madre, la 38enne Dorcus Moore, per
aver interrotto la donna mentre faceva sesso con il convivente. La
donna è stata arrestata per violenza su minore.

La
ragazzina ha raccontato alla polizia di Pawtucket, nello stato di
Rhode Island, che la Moore le ha ordinato di prendere delle
forbici, che ha poi utilizzato per tagliarle i capelli a zero. Una
volta finito, la madre le avrebbe spruzzato su viso, braccia, gambe e
vagina con uno spray piccante.
Solo
il giorno seguente, dopo una notte passata tra le sofferenze date dal
bruciore, la 13enne ha trovato il coraggio di parlarne a scuola ed
avvisare la polizia.
La
ragazza è attualmente con il padre, mentre la madre è stata
rilasciata su cauzione.
Olevano
sul Tusciano (SA) – Dopo
la separazione, figlia affidata a madre: che la bastona
3
maggio 2012

– (Adnkronos) Brutta avventura per una ragazza di 15 anni fuggita da
casa e ritrovata in lacrime e senza scarpe dai carabinieri lungo la
strada provinciale che porta ad Olevano sul Tusciano, nel
salernitano.
La
ragazza, 15 anni, ha raccontato ai militari di essere fuggita da casa
al termine dell’ultimo litigio con la madre la quale non approva la
relazione con il fidanzatino. La giovane ha anche raccontato che la
donna altre volte l’aveva picchiata con un bastone e una cintura di
cuoio, provocandole escoriazioni in alcune parti del corpo.
I
carabinieri hanno accompagnato la 15enne all’ospedale di Battipaglia,
dove le hanno curato le ferite; poi e’ stata affidata al padre che
vive in un’altra citta’.
La
madre della ragazza e’ stata denunciata in stato di libertà alla
procura di Salerno per maltrattamenti in famiglia.
Frosinone
Dopo
la separazione, figlie affidate a madre: la maggiore prende
sopravvento
14
luglio 2012

– Minacce, lesioni ed estorsione: con queste accuse una 17enne è
stata arrestata dai carabinieri a Frosinone. Le vittime della
diciassettenne erano la madre e le sorelline.
La
situazione era diventata insostenibile e alla fine la madre, per
paura che potesse accadere qualcosa di tragico alle figlie più
piccole, ha chiesto aiuto ai carabinieri. Le verifiche hanno
confermato il racconto della donna, che è separata.
La
ragazza, tra l’altro, non è nuova a scatti d’ira e reazioni
violente: già altre volte, in passato, era stata segnalata da alcuni
condòmini per aggressioni, non soltanto verbali.
Alta,
magra, ma dotata di una forza notevole, la diciassettenne,
nell’ultimo periodo, aveva iniziato a pretendere soldi dalla madre
e, di fronte ad ogni rifiuto, reagiva alzano le mani. Quando è stata
picchiata brutalmente la donna ha chiamato i carabinieri.
La
Procura dei minorenni ha valutato denuncia e riscontri e disposto
l’arresto. La ragazza è stata accompagnata in una casa di
accoglienza della Capitale.
Napoli
Dopo
la separazione, bimba affidata alla madre: che la scaraventa giù
dalla finestra
18
agosto 2012

– Attimi di terrore in via Concordia a Napoli, vicolo dei Quartieri
Spagnoli, dove una donna di 29 anni ha prima lanciato dal balcone la
figlioletta di tre anni e poi si è lasciata cadere anche lei in
strada. L’intervento provvidenziale dei poliziotti, però, ha
evitato il peggio: sia mamma che bimba sono ricoverate in ospedale,
ma le loro condizioni non sono gravi.
Secondo
quanto ricostruito dai poliziotti del commissariato Montecalvario, F.
M. era da sola in casa con la piccola quando è uscita fuori il
balcone, ha afferrato per un piede la figlioletta di tre anni e, dopo
averla fatta ciondolare, l’ha lanciata nel vuoto. Immediatamente
dopo, anche la 29enne si è gettata dal balcone del civico 60. Sia la
piccola che la madre sono state salvate dai poliziotti che –
allertati da una telefonata alla centrale operativa, secondo la quale
una donna minacciava il suicidio – intervenuti sul posto sono
riusciti ad afferrare sia la bambina che la madre.
La
donna, separata e con vari precedenti di polizia, pare che avesse
ricevuto già nei mesi una visita da parte degli assistenti sociali.
La sua posizione è attualmente al vaglio degli investigatori che
procederanno ad interrogarla nelle prossime ore. Attualmente la donna
è ricoverata in stato di shock e sedata presso l’ospedale Vecchio
Pellegrini, mentre la figlioletta è presso il nosocomio pediatrico
Santobono. La bimba è vigile ed è fuori pericolo.