Il papà italiano deve provvedere al mantenimento del figlio anche se il riconoscimento è stato decretato in Germania, poiché l’esecutività di una decisione adottata in uno stato membro non è in contrasto con l’ordine pubblico italiano e non integra una violazione delle regole del giusto processo.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con al sentenza 20382 del 20 novembre 2012, ha respinto il ricorso di un padre contro il decreto della Corte d’appello di Catania che ha munito di formula esecutiva la sentenza emessa dalla Pretura tedesca che, su domanda della ex, lo ha condannato al pagamento di una somma mensile a titolo di alimenti fino al raggiungimento della maggiore età del piccolo.
La prima sezione civile ha ricordato che «la nuova disciplina sarebbe stata infatti applicabile ai giudizi iniziati successivamente all’entrata in vigore della riforma introdotta con la legge 218, essendo rilevante a tal fine, nei giudizi aventi ad oggetto il riconoscimento di sentenza straniera, la data d’inizio di detto ultimo procedimento e non quella del processo definito con la sentenza straniera di cui è invocato il riconoscimento.
Insomma, non ci sono state violazione dei diritti essenziali di difesa del cittadino italiano convenuto all’estero: la mancanza nel diritto tedesco di una fase delibatoria di ammissibilità dell’azione di accertamento giudiziale della filiazione naturale non integrerebbe una violazione delle regole del giusto processo, non costituendo tale preventivo accertamento un indefettibile presupposto del nostro sistema processuale.
Inoltre, le doglianze relative alla mancata partecipazione dei consulenti di parte alle operazioni peritali espletate in Germania sarebbero inconsistenti poiché i vizi concernenti la valutazione del materiale probatorio, il percorso motivazionale seguito, l’integrità del contraddittorio, non sarebbero deducibili davanti al giudice italiano e non potrebbero dunque essere di ostacolo al sollecitato riconoscimento; l’impossibilità di impugnare in sede di legittimità la sentenza emessa in tema di filiazione sarebbe irrilevante, una volta accertato l’avvenuto rispetto dei diritti di difesa di cui all’articolo 797 Cpc.
Infine, per la Suprema corte non c’è stata lesione del contraddittorio, poiché il ricorrente si sarebbe costituito nel giudizio svoltosi in Germania e in tale sede avrebbe ritualmente spiegato le proprie difese. «L’articolo 38 del Regolamento CE n. 44 – si legge in sentenza – ai fini della declaratoria di esecutività in uno Stato membro diverso da quello in cui è stato emesso il provvedimento azionato, richiede la semplice esecutività della decisione, requisito sul quale non vi è contestazione e che assorbe ogni ulteriore rilievo attinente all’accertamento in fatto compiuto dalla Corte territoriale, in ordine alla definitività della parte della decisione fatta valere in Italia e alla configurazione di un giudicato sul punto».
Fonte: www.cassazione.net