L’oggettivo impedimento all’esercizio della potestà genitoriale dell’altro configura il reato di sottrazione del minore

«Il bambino lo vedi solo quando fa comodo a me»: la madre che vieta frequentemente all’ex di stare con il figlio, rischia quasi un anno di reclusione in quanto l’oggettivo impedimento all’esercizio della potestà genitoriale del coniuge non convivente con il piccolo, configura il reato di sottrazione del minore.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza 45871 del 23 novembre 2012, ha ritenuto infondato il ricorso di una madre contro il giudizio di colpevolezza della Corte d’appello di Lecce, che ha concesso alla donna le attenuanti generiche e la riduzione della pena ad 8 mesi di reclusione per aver sottratto il figlio minore alla congiunta potestà genitoriale del marito.
La sesta sezione penale, in linea con la Corte di merito, ha ritenuto legittima la responsabilità penale della madre in base al contenuto della denuncia-querela presentata dal marito ed alla testimonianza della preside dell’asilo, alla quale, in più occasioni, era stato proibito (telefonicamente dalla madre) di lasciare prendere il piccolo dal padre all’uscita di scuola. Insomma, gli episodi accaduti presso la scuola materna frequentata dal bambino hanno palesato la volontà di una «persistente sottrazione» del minore a qualunque contatto con l’altro genitore, per altro già manifestato con il ritorno della donna con il bimbo nel proprio paese di origine tempo prima.
Per la Suprema corte, dunque, l’oggettivo impedimento all’esercizio delle varie manifestazioni della potestà genitoriale del genitore non convivente con il bambino, ha realizzato il reato di sottrazione del minore, punito dall’art. 574 Cp, ma, per intervenuta prescrizione, la sentenza è stata annullata senza rinvio.
Fonte: www.cassazione.net