L’ex marito ha diritto alla restituzione di tutte le somme versate per il mantenimento della moglie e della figlia di lei, basato su «dichiarazioni mendaci»,  fatte dalla ex in sede di separazione.
Lo ha sancito la Corte di cassazione con la sentenza 21675 del 4 dicembre 2012
Il Tribunale di Bologna ha respinto la domanda di restituzione delle somme versate nelle more del procedimento di separazione a titolo d’assegno mensile di mantenimento, stabilendo in via provvisoria 2.500 euro mensili «sull’errato presupposto che la coppia avesse una figlia minore», poi dimezzato nell’importo dal giudice istruttore dal momento che la ragazza era figlia solo  di lei.
L’uomo, dunque, ha corrisposto la metà del denaro spettante alla minore per la durata dei tre mesi tra l’udienza presidenziale e quella davanti all’istruttore e per la restante metà a favore della donna per la durata quadriennale del giudizio, per un totale di quasi 64 mila euro.
La prima sezione civile ha osservato che il provvedimento che ha attribuito alla donna l’assegno di mantenimento, di cui la metà per la figlia, è «stato indotto dalle mendaci dichiarazioni della stessa che rappresentò, a base della sua domanda d’addebito, risultati falsi e insussistenti, anche con riferimento al suo mancato assolvimento degli obblighi nei confronti della minore».
Piazza Cavour ha ritenuto fondato il punto in cui la difesa ha contestato la prospettata malafede e il dolo processuale della donna, palesemente conclamati negli atti del giudizio di separazione. Al riguardo, si legge in un passo della sentenza che «in materia d’irripetibilità delle somme versate in caso di revoca dell’assegno di mantenimento, la regola non trova applicazione nel caso in esame con riguardo alle somme versate a titolo di mantenimento della minore, dal momento che, enunciata a corollario dell’inadempimento del dovere del genitore di mantenimento della prole, postula che il soggetto – minorenne, ovvero maggiorenne non autosufficiente – rivesta lo status di figlio di entrambe le parti in contesa nel giudizio di separazione». 
Ed ancora. «L’irripetibilità conseguente alla decisione che nega il diritto del coniuge al mantenimento della prole, ovvero riduce la misura dell’assegno, si giustifica in ragione della natura solidaristica ed assistenziale dell’assegno, ontologicamente destinato ad assicurare i mezzi adeguati al sostentamento del beneficiario; presupposto indefettibile per la sua applicabilità è che il figlio sia parte sostanziale del giudizio di separazione: sia insomma componente della famiglia all’interno della quale viene in rilievo ed opera il dovere posto dall’art. 147 Cc, di mantenimento del genitore nei confronti della prole».
Fonte: www.cassazione.net