Deve essere immediato il rientro nel Paese Ue dove risiede la madre che ha la custodia del piccolo, per il minore trattenuto in Italia dal padre senza il consenso della donna; è irrilevante che nella casa familiare paterna vi siano legami affettivi e sociali.
Lo ha sancito la Corte di cassazione con la sentenza 1527/13. La prima sezione civile ha ritenuto legittima l’applicazione, da parte del tribunale, della Convenzione dell’Aia 25 ottobre 1980 tesa alla tutela dell’interesse del minore dal pregiudizio derivante dai trasferimenti illeciti: risulta necessario il ripristino dello status quo di residenza del bambino, che va reintegrato nella situazione di fatto accertata precedente la sottrazione.
La sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi va ritenuta perché il trattenimento del minore avviene contro la volontà della madre, violando il diritto sia nello Stato italiano sia in quello straniero, dal momento che il bambino aveva la residenza abituale presso la madre. Al riguardo, Piazza Cavour ha affermato che anche senza un titolo giuridico di affidamento al genitore – che nel caso di specie e intervenuto solo successivamente, con provvedimento adottato dal Tribunale della Famiglia adito dalla madre in Germania, che ha statuito a suo favore l’affido esclusivo – il trattenimento si deve reputare illecito se contrasta con la situazione di fatto, sulla base della presunzione secondo la quale l’interesse del minore coincide con quello di non essere allontanato o di essere immediatamente ricondotto nel luogo in cui svolge la sua abituale vita quotidiana, che risulti accettata dai genitori concordemente e che, in quanto tale, deve essere reintegrata con l’immediato ritorno del minore nello Stato ove vi era il centro dei suoi legami affettivi, anche non solo parentali, conseguenti allo svolgersi della sua quotidiana vita di relazione per un periodo di tempo significativo.
Si legge in sentenza che «il regolamento CE n. 2201/2003 integra le disposizioni della Convenzione dell’Aia: il giudice dello Stato contraente, dove “si trova” il minore illecitamente trasferito, deve decidere, se adito entro un anno dall’illecito trasferimento dello stesso minore, ordinando il suo ritorno immediato; il giudice naturale della residenza abituale del minore deve individuarsi “sulla base delle peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie” e, in particolare, con riguardo, oltre alla presenza fisica del minore in uno Stato membro, ad “altri fattori idonei a dimostrare che tale presenza non e in alcun modo temporanea od occasionale e che la residenza del minore denota una certa integrazione in un ambiente sociale e familiare”, tenendo altresì conto “della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato”».
Pertanto, il ricorso del padre è stato respinto.
Fonte: www.cassazione.net