Si confrontino le due seguenti pronunce:

La Corte di cassazione, con la sentenza 5847 dell’8 marzo 2013, ha respinto il ricorso di un padre contro la decisione della Corte d’appello di Catania che ha affidato i due figli minori alla madre, con divieto provvisorio di contatti con lui, assegnandole l’abitazione, ed ha posto a carico del padre l’assegno mensile di 800 euro per il mantenimento dei figli.
Questo perché, i giudici siciliani, sulla base della relazione del servizio di psichiatria della Asl, hanno ritenuto che il comportamento negativo dei bambini verso la madre fosse stato provocato dalla condotta ostruzionistica del marito che aveva ostacolato gli incontri e screditato la figura materna, provocando in loro un danno dell’equilibrio psichico. Pertanto, hanno ritenuto che l’affidamento congiunto fosse pregiudizievole per i minori.
…Quindi, in presenza di un padre ostacolante-alienante: commutazione immediata dell’affido, da condiviso ad esclusivo alla madre.
Ma poi:

«Sindrome da alienazione parentale». Ruota tutto attorno alla valutazione clinica del CTU il provvedimento del giudice del merito che conferma la decadenza della madre separata dalla potestà genitoriale e dispone l’affidamento del minore ai servizi sociali
[con collocamento presso la madre alienante!]. Il tutto perché, all’evidenza, la donna ha allevato il figlio nell’odio contro il coniuge separato: il minore infatti non riconosce la figura paterna, né vuole intrattenervi rapporti una volta divenuto adolescente. In sintesi: ha un disturbo della personalità che va identificato come PAS, almeno secondo il consulente del giudice del merito.
Ma il punto è che in ambito giudiziario non si possono adottare soluzioni che risultano prive del necessario conforto scientifico: si rischia di creare danni peggiori rispetto a quelli che si pretende di scongiurare; e la cosiddetta PAS non è riconosciuta dal manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
Il reclamo della madre, dunque, deve essere nuovamente esaminato senza incorrere in un vizio di motivazione del genere.
È quanto emerge dalla sentenza 7041/13, pubblicata il 20 marzo della prima sezione civile della Cassazione.
Il minore, ormai divenuto un ragazzo, non vuole avere a che fare col padre perché teme in tal modo di “tradire” la madre, separatasi dall’uomo dopo una breve convivenza. Per lo psichiatra scelto come consulente tecnico d’ufficio non ci sono dubbi: bisogna subito intervenire prima che l’adolescente cominci ad avere problemi anche con il resto della società.
Il problema è che al giudice del merito l’unica soluzione praticabile è sembrata l’affidamento ai servizi sociali del Comune, per sottrarre il minore alla mamma “alienante”

…sottrarre?!?.. lasciandolo “collocato” presso di lei?!?..

:il figlio rifiuta i contatti con la famiglia paterna.
Ma non si può prescindere dalla valutazione delle esigenze terapeutiche – osservano oggi gli “ermellini” – nel decidere a cuor leggero di togliere un bambino dall’ambiente materno che, al di là della condotta “alienante”, non presenta altre controindicazioni.

…e quale altra controindicazione si pretenderebbe, ancor peggiore dell’essere alienante?!?..

E ciò specialmente se la destinazione finale sono i servizi sociali (per quanto con collocamento presso la madre).
Insomma: la decisione di merito non risulta motivata in modo adeguato. È vero: il giudice non deve specificare perché aderisce alle conclusioni del CTU. Ma non può evitare di rispondere alle censure che contestano la validità scientifica delle teorie propugnate e applicate dal suo consulente, quando vanno oltre la scienza medica ufficiale; in questi casi si può ben ricorrere, ad esempio, alla comparazione statistica dei casi clinici per avere un’idea della validità delle varie teorie. La parola passa quindi al giudice del rinvio.
…E dunque, in presenza di madre alienante:

  • di inversione dell’affido, neanche a parlarne;
  • la “peggiore minaccia” che può essere agitata alla madre, sarebbe: minore collocato presso di lei, con affido (del tutto teorico ed astratto) ai SS; che è quanto dire: minore affidatole esclusivamente, tout court;
  • ma perfino questa “minaccia” appare un affronto alla matricrazia: il giudice del rinvio viene invitato a togliere quell’onta dell’affido formale ai SS ed a lasciare il minore in balia – sostanziale e formale – della madre alienante.