La Camera ha passato al Senato per l’approvazione, la proposta di legge sull’obbligatorietà del cognome paterno.
Prosegue così l’operazione su più livelli per piallare il valore arcaico della
paternità nella discendenza, azione volta ad aumentare il livello di maternità?.

Secondo il relatore, il sen. Cesare
Salvi (DS), “bisogna eliminare* il diritto del marito d’imporre il
proprio cognome alla famiglia e di trasmetterlo ai figli”
, poiché esso
costituisce «l’ultimo residuo patriarcale rimasto dopo la riforma del
diritto di famiglia del 1975».

Quindi ? una botta al patriarcato  favore del matriarcato oppure il senso filosofico è altro?

Salvi (PD), si sarà reso conto che le operazioni SOSTANZIALI da compiere nel diritto di famiglia non sono solo di facciata? E la domanda che sorge spontanea è se questa operazione possa
rientrare nell’ambito delle pari opportunità e conseguentemente alle
pari responsabilità o rappresenti come lascia intendere una scelta di
ridimensionamento progressivo del valore della paternità a favore della maternità.

A noi non sfugge un dato che riguarda il 50% della popolazione italiana, (a questa percentuale corrisponde il numero delle coppie genitoriali separate) che nei tribunali, grazie alla Giustizia e alla Magistratura, non viene affatto trattata con equità in onore alle pari opportunità ma proprio in linea col Salvi concetto, la figura paterna viene eliminata* ridotta a figura di
“servizio” e in quel specifico caso non traspare assolutamente un intento volto a creare le premesse ad un progeto di equità, ma coincide con la volontà di Salvi di svecchiare il diritto di famiglia.
Quindi siamo in clima di svecchiamento? Ditecelo però, perchè non en abbiamo affatto la percezione o siamo in clima di “demansionamento” del ruolo paterno al punto di dovere riflettere proprio sul valore della genitorialità che la Politica PD e questa deficitaria Giustizia intendono far passare o istaurare?.

Forse sarà che abbiamo il dente avvelenato ma stando così le cose non rileviamo quella minima  trasparenza intellettuale e limpidità necessaria per accogliere questo disegno di legge con le braccia aperte, anzi, facendo la somma fra tante scelte scellerate compiute dal governo in questi ultimi anni, il sospetto è che l’operazione sia assolutamente in linea.
Non è certo un problema avere due cognomi e nemmeno di avere solo quello della madre, ma questi sono accessori, dettagli, un po’ come se uno con il vestito sporco anzichè lavarlo o cambiarlo, vi aggiungesse una spilla!

I Fatti:


Alla nascita il figlio potrà avere il cognome del padre o della madre
o il doppio cognome, secondo quanto decidono insieme i genitori. Se
però non c’è l’accordo, il figlio avrà il cognome di entrambi in ordine
alfabetico. Stessa regola per i figli nati fuori del matrimonio e
riconosciuti dai due genitori. Ma in caso di riconoscimento tardivo da
parte di un genitore, il cognome si aggiunge solo se c’è il consenso
dell’altro genitore e dello stesso minore se quattordicenne.

Figli adottivi. Il principio
della libertà di scelta, con qualche aggiustamento, vale anche per i
figli adottati. Il cognome (uno soltanto) da anteporre a quello
originario è deciso da entrambi i coniugi, ma se manca l’accordo si
segue l’ordine alfabetico.

Trasmissibilità del cognome. Chi ha il doppio cognome può trasmetterne al figlio soltanto uno, a sua scelta.


Cognome del maggiorenne. Il
maggiorenne che ha il solo cognome paterno o materno, con una semplice
dichiarazione all’ufficiale di stato civile, può aggiungere il cognome
dell’altro genitore. Se però il figlio è nato fuori del matrimonio, non
può prendere il cognome del genitore che non lo ha riconosciuto.


Entrata in vigore.
Le nuove norme non saranno immediatamente operative. L’applicazione è
infatti subordinata all’entrata in vigore del regolamento che deve
adeguare l’ordinamento dello stato civile. Per questo il ministero
dell’interno ha un anno di tempo. 
Staremo a vedere cosa farà il Senato e poi ne riparleremo.
Roberto Castelli