Ennesima vittima del divorzificio
Ancora un suicidio di papà, 100 ogni anno in Italia.
Salvatore Collodoro, sessantenne, disoccupato, non ha retto. Il figlio lo trova impiccato. Sul tavolo un biglietto.
«Non ce la faccio più. Senza lavoro, senza la mia famiglia.
Non voglio finire sulla strada».
Lui e suo fratello, hanno cercato in tutti i modi di stare vicini al padre in questi anni. Tuttavia, appena il giovane di 25 anni ha aperto la porta si è trovato di fronte una tragedia da lasciare senza fiato. Il padre Salvatore si era impiccato in salotto. La casa in disordine. E sul tavolo un biglietto: «Scusate. Sono stanco, non ce la faccio più a vivere così. Senza lavoro, senza la mia famiglia, con lo sfratto. Non voglio finire sulla strada». Poi ha lasciato un bacio per iscritto alla moglie e ai due figli. Sul posto sono arrivati i carabinieri, il medico legale e successivamente i necrofori che hanno trasportato la salma in obitorio, a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Ma che si tratti di un suicidio non c’è alcun dubbio per militari e magistrato. Suicidio legato, tra l’altro, proprio allo sfratto che l’uomo considerava probabilmente l’ennesimo fallimento della propria vita. I figli, tuttavia, l’avevano convinto a trasferirsi temporaneamente da loro. Ed era pronta anche una soluzione temporanea, in attesa che il Comune gli desse un tetto. Sempre i figli avevano insistito perché presentasse domanda per un alloggio pubblico. Cosa che aveva fatto.
Ma l’uomo non ne voleva sapere: si è lasciato andare. E lo sfratto è stato un tremendo pretesto. Collodoro, originario di Caltanissetta, fino a qualche anno fa aveva lavorato come procacciatore d’affari nel campo dell’abbigliamento. Sposato e successivamente divorziato, aveva avuto due figli con i quali aveva mantenuto un buon rapporto.
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