La figlia aveva detto che un vicino la molestava ma lei non lo denunciò. Per questo una donna di 40 anni di Casalgrande è stata condannata a due anni di carcere con la condizionale

Reggio Emilia, 22 ottobre 2010. Mai prendere sottogamba quello che ti dicono i figli. Specie se i bambini ti segnalano di aver subito attenzioni morbose dall’amico, dal vicino di casa, dal parente. Ti devi allarmare, devi segnalare alle autorità, chiedere aiuto. Se non lo fai, e poi gli abusi vengono alla luce, come genitore commetti un gravissimo reato: omessa vigilanza, prevista dall’articolo 40.

A Reggio è già stato applicato tre volte. Due mamme hanno dovuto patteggiare e non è una pena di poco conto; una terza è tuttora indagata.

L’altro pomeriggio, è toccato a una donna di 40 anni di Casalgrande, madre di due figlie, andare davanti al giudice: ha preso due anni con la condizionale. Il patteggiamento concordato tra difensore e pm è stato possibile in quanto alla donna sono state tolte le due figlie, che ora vivono, serenamente, in una comunità-famiglia.

I fatti si sono articolati su un arco di due anni, dal 2007 al 2008. Un ottantenne – ora in libertà – finì in galera, arrestato dai carabinieri con l’accusa di violenza sessuale su una ragazzina abitante nei pressi di casa sua. La violenza – almeno quattro volte – consistette nel palpeggiare la bambina che avvertì la madre.

L’altro giorno, l’imputato è stato rinviato a giudizio: il processo comincerà il 9 febbraio. Deve anche rispondere di aver compiuto atti osceni su se stesso in presenza della ragazzina e della sorella minore. Difeso dall’avvocato Cosimo Zaccaria del foro di Modena, l’ottuagenario nega che i fatti si siano svolti nel modo raccontato dalle bambine le quali, fa osservare la difesa, vivevano una situazione familiare particolare. Una situazione, si legge nello stesso capo d’imputazione, «di incuria e arretratezza culturale». Circostanza che, in ogni caso, non toglie nulla alla gravità degli abusi, se verranno confermati a dibattimento. L’accusa infatti contesta all’imputato di aver abusato dell’inferiorità psichica e fisica in cui la ragazzina si trovava, stante il divario d’età e il precedente rapporto di lavoro tra l’uomo e la madre della minorenne che aveva prestato servizio a casa sua.

Ma torniamo alla madre. In quel ruolo, in quanto «titolare della posizione di garanzia nei confronti della figlia» non impediva, secondo l’accusa, «e anzi agevolava, essendone a conoscenza e incitando la minore a frequentare la casa dell’uomo», i ripetuti abusi sessuali. In sostanza, dopo che la figlia maggiore le aveva riferito delle pesanti attenzioni subite, la madre avrebbe reagito mandandola a casa dall’ex datore di lavoro accompagnata per sicurezza dalla figlia più piccola. Ma perchè rimandarla da lui? Perchè quell’uomo, alla famiglia che viveva in condizioni di estrema indigenza, regalava generi alimentari.
Alcuni cittadini, insospettiti, avvertirono i carabinieri. Al loro arrivo, le due bambine stavano uscendo di casa e alla vista degli uomini in divisa erano scoppiate in lacrime. In caserma, poi, la maggiore aveva raccontato tutto alla presenza di una psicologa. La madre, a chiusura delle indagini coordinate dal pm Maria Rita Pantani, era stata anche accusata di lesioni personali nei confronti della figlia minore per averle infilato la punta di un coltello da cucina nella spalla, provocandole lesioni inferiori ai dieci giorni.

E il padre, dov’era? Lavorando come muratore, era lontano da casa e non aveva potuto quindi impedire che succedesse quel che succedeva. Dopo l’esplosione del caso, si è separato consensualmente dalla moglie e al processo – dove è assistito dall’avvocato Federico Bertani – si è costituito parte civile nei confronti dell’ottantenne a cui chiederà il risarcimento. Ha chiesto che le figlie vengano affidate a lui. Le vede regolarmente, in colloqui protetti. Anche le figlie sono parte civile al processo, nella persona del loro curatore.

http://www.ilrestodelcarlino.it/reggio_emilia/cronaca/2010/10/22/403405-impedi_abusi_sulle_figlie.shtml