Centoventidue anni fa, il commediografo August Strindberg scrisse “Il Padre”, la storia di un capitano di cavalleria la cui moglie un giorno gli confida che egli potrebbe non essere il vero padre della figlia, che lui adora.

Consumato dal dubbio, il capitano si infuria contro la moglie: “Ho lavorato come uno schiavo per te, tua figlia, tua madre, le tue donne di servizio. . . Perché credevo di essere il padre di tua figlia. Questo è il tipo meschino dei furti, la più brutale forma di schiavitù. Ho fatto 17 anni di lavori forzati ed ero innocente”.

La psicologia evoluzionista ci ricorda in ogni sua ricerca ed in ogni suo scritto che è fondamentale per un uomo sapere di essere il padre dei suoi figli. Infatti, senza un legame biologico, l’amore paterno appare privo di fondamento ed è questo legame (o forse la paura di una sua assenza), che spinge oggi molti uomini a sottoporsi al test del DNA.

In America, nel corso dell’ultimo decennio, il numero dei test paternità effettuati ogni anno è aumentato del 64 per cento, più di 400.000 casi. Tale cifra si riferisce peraltro solo ad un sottoinsieme di test – quelli che sono stati presentati in tribunale – e che richiedono dunque un esame imparziale, documentato dai test di laboratorio. Ci sono poi i test fatti da uomini che acquistano degli speciali kit su Internet.

Naturalmente, gli uomini che si sottopongono a questo tipo di test mettono già in discussione la loro paternità, e circa il 30 per cento di questi incerti papà scopre infatti che faceva bene a dubitare. Una volta scopertolo però, non è detto che la giustizia (americana) consenta loro un disconoscimento di paternità.

Nei tribunali americani infatti, sembra che la maggior parte dei giudici concluda che questi uomini devono continuare a crescere i loro figli – o a contribuire al loro sostentamento – a prescindere da ciò che dice il loro DNA.

L’imperativo culturale è che un uomo non dovrebbe mai abbandonare i suoi figli: un uomo che mette incinta una donna deve poi sentirsi responsabile per il figlio, e un uomo che ha sempre agito come il vero padre di un bambino, pensando di esserlo, può essere obbligato, per legge, a continuare a farlo, anche se non è il padre biologico. Nella maggior parte degli stati americani, le decisioni di paternità sono disciplinate dalla storica common law inglese: un bambino nato in un matrimonio si presume che sia il prodotto di tale unione, a meno che il marito non sia impotente, sterile o lontano da casa al momento del concepimento (sia, per la precisione, “di là dai quattro mari”).

Molti tribunali consentono il disconoscimento, ma nella maggior parte degli stati americani, i giudici mettono l’interesse del minore prima di quello dell’uomo geneticamente “estraneo”, che inconsapevolmente diventa, per la società, il padre – e ciò significa, in altre parole, che gli viene richiesto anche il sostentamento dei figli. In Florida, nel 2007, una corte ha citato nella sentenza questo concetto: “Sono gli adulti che possono e debbono assorbire il dolore del tradimento, piuttosto che infliggere ulteriori tradimenti ai bambini coinvolti”.

Una volta che un uomo è stato considerato padre, sia a causa del matrimonio, o perché ha riconosciuto la paternità (accettando di comparire sul certificato di nascita del figlio, o pagando il mantenimento dei figli), i giudici americani tendono a ritenere che quel padre non possa più abbandonare quel figlio – a prescindere dai test biologici effettuati.

In un’epoca però in cui l’analisi del DNA consente che le relazioni biologiche possano essere identificate con grande facilità, è necessario che venga scritta una legge il più possibile etica sull’argomento, anche se ogni soluzione appare imperfetta.

Naturalmente i casi che vengono analizzati sono quelli che arrivano in Tribunale. Ci sono molti padri che non conoscono la verità biologica e non si sa quanti essi siano. La relazione più ampia e autorevole, pubblicata su Current Anthropology, nel 2006, ha analizzato decine di studi genetici. La relazione ha concluso che il 2 per cento degli uomini, uomini sposati che avevano tutte le ragioni per credere di essere i veri padri dei figli – in realtà non lo erano. Diversi studi indicano che il tasso sembra essere molto più alto tra i padri non sposati.

Nel 2002 la Conferenza Nazionale dei commissari per uniformare le legislazioni degli Stati Americani – (National Conference of Commissioners on Uniform State Laws, un organismo autorevole composto di avvocati e giudici che propone dei modelli di legge agli Stati americani) – ha redatto un possibile compromesso. La proposta consentirebbe al presunto padre, il padre biologico o la madre, di contestare la paternità fino a che il bambino non abbia raggiunto i due anni di vita. La proposta ha due obiettivi: stabilire un equilibrio tra i diritti dei bambini e quelli dei loro padri presunti e incoraggiare la ricerca di paternità prima che si siano stabiliti dei profondi legami familiari. Diversi stati, tra cui Delaware, North Dakota, Oklahoma, Texas, Utah, Washington e Wyoming, hanno adottato tale modello, o un modello simile. Ma le associazioni per i diritti degli uomini si lamentano, perché sostengono che i “padri putativi” non scoprono in genere questa verità prima dei due anni del figlio e dopo non possono fare più nulla.Del resto, a livello sociale si è ormai ampiamente accettato che i legami biologici possono essere anche opzionali in una famiglia e che la genitorialità non è necessariamente legata alla genetica. La tecnologia riproduttiva ha reso possibile che una donna metta a disposizione un suo ovulo e che questo venga fecondato con lo sperma di un altro uomo e che poi il prodotto del concepimento venga fatto annidare nell’utero di un’altra donna, la quale, dopo aver partorito potrebbe donare il bambino ad una coppia di genitori, non sempre di sesso diverso. Viste queste situazioni create dalla tecnologia riproduttiva, ha ancora un senso chiedersi: “E’ davvero mio figlio”? Appare del tutto irragionevole comprendere se il marito è stato, o meno, tradito dalla moglie, affermano alcune associazioni di avvocati matrimonialisti (come la American Academy of Matrimonial Lawyers), sottolineando che, nell’interesse del minore, non ha davvero alcuna importanza comprendere chi siano realmente i genitori biologici.

Un test del DNA obbligatorio per tutti sarebbe un radicale (quanto costoso), cambiamento di politica. Alcuni propongono una soluzione pratica: obbligare gli uomini a sottoporsi ad un test di paternità alla nascita del bambino. Gli uomini che rinunciano al test del DNA alla nascita del figlio devono essere informati con chiarezza che, rifiutando il test, non potranno più contestare la loro paternità.

Dr. Walter La Gatta Informazioni sui kit disponibili in Rete
Legislazione italiana sul disconoscimento di paternità Fonte: New York Times Immagine: Joep Zander, Wikimedia Potrebbe interessarti anche:

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