di Angelo Russo

“>Non conosciamo un giorno che la cronaca non si occupi di: abusi, sfruttamento dei minori, diritti negati, specialmente nelle aree sociali di maggiore emarginazione e degrado. Tra i principali compiti che spettano agli adulti c’è quello di difendere la possibilità dei bambini di mettersi in relazione con gli altri, giocare, sorridere, senza per questo vedere ingannata la propria innocenza.

Il 20 novembre è stato ricordato in tutto il mondo il ventunesimo anniversario della convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

“La convenzione riconosce ai bambini e ai ragazzi da zero a diciotto anni diritti fondamentali come quello di vivere in pace, crescere in salute, ricevere un’alimentazione sufficiente e una buona istruzione, vivere in un ambiente non inquinato, essere difesi dalla violenza e dallo sfruttamento, non essere privati della propria identità personale e culturale”.

A parte gli episodi conclamati di violenza sui minori, c’è un caso in cui alcuni genitori, quasi inconsapevolmente, nella malaugurata ipotesi di divorzio, oltre alla già pesante situazione, arrecano ulteriori danni ai propri figli.

Il presupposto teorico, clinico, psicoanalitico è il triangolo. Il bambino, ha due genitori, indipendentemente dal fatto che uno possa essere presente e l’altro assente o che lei sia ragazza madre o lui ragazzo padre, il presupposto centrale è che l’individuo in qualche maniera si trova in una famiglia composta di due genitori: il concepimento è fatto da due persone.

Oggi, con le fertilizzazioni artificiali, si stanno aprendo nuovi scenari ma, al momento, vive ancora il riferimento che esistono un padre e una madre. Sia presenti che introiettati. Il bambino normalmente tende a identificarsi con entrambi i genitori, tranne che in alcuni casi patologici.

I divorzi, oggi anche in Italia, sono una realtà numericamente importante e, in questi casi, il bambino ha una buona, nefasta, probabilità di sperimentare l’abbandono da parte di un genitore.

Il vissuto del bambino è diverso a seconda se è abbandonato a tre mesi, a tre anni, a tredici o a venti. La letteratura recente ci rimanda che quando i genitori fanno tutto il possibile per alleviare le difficoltà ai figli a seguito di un divorzio, nella maggior parte dei casi non ci saranno gravi danni psicopatologici.

Le reazioni iniziali dei bambini al divorzio dei genitori sono vissute con grande senso di angoscia e con la percezione che il mondo sia diventato più pericoloso, meno protettivo.

Una successiva reazione è di preoccupazione per i genitori: “come farà adesso la mamma da sola? Chi si occuperà di papà?” Dal momento in cui il bambino sperimenterà che il mondo è pericoloso proporzionalmente aumenteranno le proprie difese.

Mentre un bambino orfano sente la perdita di un genitore il bambino di divorziati, il più delle volte si trova a elaborare la perdita di tutto un nucleo familiare: nonni, materni o paterni, parenti, alcuni amici di famiglia. In seguito al divorzio in molti casi può esserci un cambiamento di abitazione, della città, della scuola.

Dando per scontato che l’amore è eterno finché dura, nei casi d’inevitabile divorzio occorrerà coinvolgere il bambino in maniera corretta: rassicurarlo sul fatto che pur vivendo separati non cambierà l’amore nei suoi confronti.

E’ importante non denigrare l’altro genitore in sua assenza e se possibile comunicare la decisione sulla separazione insieme, elaborando un linguaggio semplice e comprensibile.

I genitori dovrebbero evitare di litigare alla presenza del figlio, rispettarsi ed essere coinvolti insieme per quanto riguarda appuntamenti importanti (compleanni, impegni e decisioni scolastiche, provvedimenti riguardanti la salute, attività sportive ecc.). Non utilizzare mai il bambino come braccio armato contro l’altro genitore. Evitare le alleanze.

Spesso il bambino vive nel suo immaginario che la separazione dei genitori sia dovuta a qualche sua colpa. E’ necessario rassicurarlo sul fatto che lui non ha alcuna responsabilità sulla decisione.

Angelo Russo