Il marito indagato per maltrattamenti in famiglia e obbligato a lasciare la casa coniugale non può rientrarvi soltanto perché dall’inchiesta emerge che in famiglia c’è la guerra, con lui e lei che si combattono senza esclusione di colpi.
L’ordinanza che annulla la misura coercitiva nei confronti del coniuge-genitore accusato del reato di cui all’articolo 572 Cp non può infatti essere confermata laddove non risulta verificata la gravità indiziaria di quei fatti ipotizzati a carico dell’indagato che, secondo i pm, sono stati commessi nei confronti dei figli. Il provvedimento in questo caso va annullato limitatamente a questi ultimi reati e rinviato al Tribunale per un nuovo esame. Lo evidenzia la sentenza n. 552/11 della sesta sezione penale della Cassazione.
La misura coercitiva disposta contro il marito-padre sospettato di violenze contro i familiari è annullata dal Riesame sul solo rilievo che i coniugi sono divisi da «una patente conflittualità».
Attenzione, però: gli aspetti che legittimano o meno l’adozione del provvedimento devono essere riferiti a tutte le persone che sono coinvolte in senso attivo e passivo nei fatti ascritti all’indagato; vale a dire che se sono ipotizzati reati anche nei confronti dei figli il Riesame non può annullare l’allontanamento dalla casa familiare senza controllare quanto siano fondate le accuse formulate a carico del padre per fatti in danno della prole di minore età.
Fonte: www.cassazione.net
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