Non conta che lei, di suo, abbia già di che vivere agiatamente. Lui è tenuto a versarle ugualmente l’assegno di divorzio, nonostante siano entrambi attorno agli ottant’anni, dal momento che in costanza di matrimonio entrambi hanno goduto di un tenore di vita eccezionale. E ciò anche se il fastoso standard deriva unicamente dalla condizione di lui, erede di un’antica e nota famiglia titolare di un cospicuo patrimonio immobiliare. È quanto emerge dalla sentenza n. 2747 del 4 febbraio 2011 emessa dalla prima sezione civile della Cassazione.
Sbaglia il giudice di primo grado a negare l’assegno di divorzio sul rilievo che la signora disponesse di redditi elevati che le consentivano un buon tenore di vita, seppure non paragonabile a quello condotto durante la convivenza matrimoniale.
È evidente che nessun giudice potrà restituire alla donna i passati agi, collegati alla residenza stabilita in uno storico palazzo gentilizio e tutti gli altri vantaggi, sociali oltre che economici, legati all’appartenenza dell’ex coniuge a una famiglia aristocratica. L’assegno di divorzio ha tuttavia natura assistenziale e integrativa e il trattamento economico può ben configurarsi anche se non riesce a colmare il gap fra lo standard di vita del coniuge “debole” e quello dell’onerato: entrambi sono ormai avanti con l’età, e non possono procurarsi debiti da lavoro, senza dimenticare che è proprio la rendita la componente più importante della condizione economica di lui; insomma, la situazione patrimoniale non risulta molto diversa da quella antecedente la fine del matrimonio e l’assegno costituisce l’adeguamento necessario ad avvicinare la situazione dei coniugi alla precedente parità.
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