Ininfluenti la Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo e l’ascolto del minore, se potenzialmente lesivi degli interessi della donna
Prima di rimpatriare un minore sottratto al genitore affidatario non è necessario che il giudice lo ascolti e gli chieda se vuole vivere con mamma o papà. Questa attività istruttoria è obbligatoria solo nel caso in cui il bambino versi in grave pericolo.
È quanto sancito dalla Corte di cassazione che, con una sentenza del 16 giugno 2011, ha respinto il ricorso di un papà italiano che aveva sottratto alla compagna la bambina, da sempre residente in Polonia, portandola in Italia.
Ma i giudici avevano ordinato il rimpatrio presso la madre.
Lui si è opposto chiedendo che la piccola fosse ascoltata. La Cassazione ha respinto l’istanza precisando che “il tribunale per i minorenni può provvedere all’audizione del minore, purché capace di discernimento, e trarre dal di lui ascolto elementi, da ponderare alla luce dell’intera istruttoria del caso, ai fini della valutazione in ordine alla sussistenza del fondato rischio, per il minore medesimo, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici o psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile, fermo restando che alla opinione espressa dal minore, contraria al rimpatrio, può attribuirsi efficacia, non di causa esclusiva del rigetto dell’istanza, bensì di elemento corroborante il convincimento del giudice sulla sussistenza del pregiudizio, quale causa autonoma e sufficiente di deroga al principio generale del rientro immediato”.
Fonte: www.cassazione.net
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