E’ l’incredibile principio che si ricava dall’ennesimo jusdelirium della Cassazione (sentenza n. 15566 del 14 luglio 2011).
Qualche tempo fa avevamo visto che un bambino piccolissimo costa, per la CdA di Perugia, € 800 al mese http://www.genitorisottratti.it/2011/03/cda-perugia-un-neonato-costa-certamente.html; ora la Cassazione rilancia: 2mila euro al mese. Non v’è limite: dipende solo da quanto è ricco il padre. Va da sé che un bimbo assorbirà solo una minima parte di quella somma da sardanapalo; ed è altrettanto pacifico che la restante somma verrà locupletata dalla madre, senza obbligo di rendiconto e quindi senza dover dimostrare che la parte esorbitante venga accantonata e vincolata per le future esigenze del figlio.
Nel caso di specie, il padre è stato onerato per mille euro al mese, oltre al mantenimento diretto che eroga al figlio nella propria casa, ove il bambino si trattiene spesso; poiché la madre è più ricca, si deve necessariamente ritenere – anche se in linea di pura teoria e finzione giuridica – che anch’ella contribuisca con pari somma (oltre al personale mantenimento diretto): dunque il bambino costa € 2mila al mese, oltre al doppio mantenimento diretto.
Con argomentazione strumentale, artificiosa, speciosa e pretestuosa, la Cassazione mutua lo stesso principio lungamente applicato per l’assegno a favore dell’ex moglie, applicandolo al figlio: argomentazione basata sul precedente tenore di vita (se il bambino è molto piccolo occorrerà riferirsi al tenore di vita intra-uterina), con buona pace della plebiscitaria esperienza di tutti i genitori, i quali sanno che un tenore di vita – basso od alto che sia – si può estrinsecare solo da una certa età in poi.
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