Mai più figli e figliastri, d’accordo. La legge 54/2006, quella sull’affido condiviso, ha segnato un passo avanti decisivo verso la concreta affermazione del principio di parità costituzionale della prole, legittima o naturale che sia. Attenzione, però: non tutte le successive interpretazioni offerte dalla giurisprudenza legittimità risultano convincenti. Come ad esempio nel mutato orientamento con cui la Suprema corte sostiene che l’articolo 317 bis Cc «sia stato tacitamente abrogato» (ad eccezione della parte in cui regola l’esercizio della potestà da parte dei genitori conviventi); il tutto facendo leva sull’articolo 155, comma 3, Cc, nella parte in cui dispone che «la potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori» (Cassazione 10265/11).
Deve invece affermarsi che, in caso di prole naturale e di padre e madre non conviventi fra loro, la potestà debba essere affidata al genitore convivente col figlio, fino al ricorso dell’altro genitore naturale – appunto ex articolo 317 bis Cc – per ottenere la regolamentazione dei diritti, innanzitutto quello di visitare e frequentare il bambino, secondo le stesse regole applicabili ai figli legittimi.
[si parla in modo scontato di “visite” proprio perché, secondo queste famigerate “regole” – di pura prassi giurisprudenziale – il genitore naturale non convivente non potrà mai sognarsi né la “collocazione” né una frequentazione paritaria…]
Insomma: per conseguire il risultato il genitore non convivente deve adire il Tribunale per i minorenni. È quanto emerge dal decreto 191/12, pubblicato dal Tribunale per i minorenni di Milano (giudice relatore ed estensore Gennaro Mastrangelo).
La tesi della tacita, per quanto parziale, abolizione dell’articolo 317 bis Cc non convince, specialmente in dottrina. La legge 54/2006, all’articolo 4, comma 2, stabilisce espressamente che le relative disposizioni si applicano anche ai «procedimenti» relativi ai figli di genitori non coniugati: si tratta, dunque, delle ipotesi che vedono in essere una procedura giurisdizionale diretta alla regolamentazione dell’esercizio della potestà nella fase patologica del rapporto genitoriale: ciò può avvenire sia a seguito della cessazione della convivenza, sia quando, pur non essendovi mai stata convivenza tra i genitori, uno dei due decida di adire il Tribunale per i minorenni per chiederne la regolamentazione. Ma quando non c’è alcun procedimento in corso l’articolo 317 bis Cc per le visite vige, eccome.
La distinzione appare tutt’altro che peregrina. Un conto è la famiglia legittima, un altro è quella naturale: si tratta di situazioni intrinsecamente diverse. Nella prima ipotesi c’è una coppia genitoriale stabilmente convivente che ha inteso dare riconoscimento giuridico al proprio legame; nella seconda si ritrovano due soggetti che hanno inteso vivere il loro rapporto al di fuori di vincoli giuridici, spesso senza convivere, ma anche situazioni in cui la filiazione è frutto di rapporti occasionali, non sorretti da un legame affettivo e relazionale tra i genitori; anche in questi due ultimi casi, spiega il giudice, ben può (anzi deve) operare il principio di parità costituzionale dei figli: i genitori di prole naturale possono ben chiedere all’autorità giudiziaria minorile la regolamentazione dei loro diritti e doveri nei confronti dei figli secondo le stesse regole applicabili ai figli legittimi, ma per farlo debbono rivolgersi al Tribunale per i minorenni. 
Come mai? Aderire alla tesi contraria equivarrebbe ad autorizzare, ad esempio, un genitore naturale che non si sia mai interessato del proprio figlio a intervenire nelle decisioni di maggior rilievo del minore, esercitando un potere di fatto avulso da una vera comunanza di vita. Insomma: è ad esempio la madre convivente con il figlio [ma va?!?.. per puro caso è capitato l’esempio della madre convivente…] che decide in che modo il padre naturale non convivente possa frequentare il bambino, fino al ricorso al giudice del genitore biologico.
Fonte: www.cassazione.net

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