Nota sulla bozza del DPCM contenente la proposta
di modifica
dell’ISEE
(17 giugno 2013)





In attuazione dell’art. 5 del Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201 (coordinato
con la Legge di conversione 22 dicembre 2011, n.
214
)
recante ”Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento
dei conti pubblici”, che ha varato la c.d. ”manovra salva Italia”, si
propone una modifica della “bozza” del Decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri – Regolamento concernente la revisione delle modalità di
determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione
economica equivalente (ISEE).
In base al
valore dell’ISEE è possibile accedere ad una serie di agevolazioni, come sconti
sui servizi sanitari e assistenziali nonché su servizi comunali (ad es., asili
nido e centri estivi), riduzione del 50% o esenzione totale dal pagamento del
canone telefonico, tariffe ridotte su servizi di pubblica utilità (energia,
gas, acqua), assegno di maternità, prestazioni scolastiche (libri, mense e
borse di studio), abbattimento delle tasse universitarie ecc..
Nel D.P.C.M. de
quo saranno rivisitate le
modalità di determinazione dell’indicatore e i suoi campi di applicazione, con
una nuova definizione di reddito disponibile che includa le somme esenti da
Irpef (attualmente escluse) e che tenga conto delle quote di patrimonio e di
reddito dei diversi componenti della famiglia, nonché dei pesi dei carichi
familiari.
Con questa
nota non si vuole entrare nel merito dei valori riconosciuti in diminuzione per
la locazione della prima casa non legati a nessun indice rivalutativo; così
come per il valore assunto per i lavoratori autonomi nel regime dei minimi al
netto dei contributi; o di come i soggetti con redditi esenti ai fini irpef si
vengano a trovare in svantaggio per gli oneri detraibili e/o deducibili da
portare in diminuzione.
In quanto
il denominatore comune delle associazioni scriventi è la bigenitorialità.
Neppure si
vuole entrare nel merito di come il valore dell’assegno di mantenimento del
coniuge sia assunto all’80% dell’importo, pur ritenendo che l’introduzione di
percentuali sulla detrazione per redditi assimilati al lavoro dipendente,
qualora venga recepita anche ai fini irpef libererebbe risorse che potrebbero
servire a mantenere la deducibilità dell’assegno al coniuge al fine di non
tassare due volte la stessa cifra.
Questo non
perché tale argomento non stia a cuore delle associazioni scriventi, ma perché
tale punto può  essere modificato senza
inferire sul costrutto dell’impianto normativo proposto.
E’ invece
intenzione delle scriventi associazioni focalizzare l’attenzione su una
questione di base di questo DCPM, il quale prevede di fotografare le somme di
denaro per il mantenimento dei figli come “uscita”, da una parte, e come
“entrata”, dall’altra.  Pur riconoscendo
che con tale previsione si è voluto intervenire sui rilevanti privilegi a vantaggio del genitore
co-residente e la corrispondente iniqua penalizzazione dell’altro dovuti
all’attuale diretto collegamento della definizione di nucleo familiare con la
residenza anagrafica (a titolo di esempio, considerando una famiglia separata
in cui madre e padre hanno redditi identici e ospitano i figli per tempi
uguali, solo il genitore presso i quali i figli hanno la residenza potrà
inserirli nel suo nucleo familiare e pertanto godere, eventualmente, dei
vantaggi economici di un coefficiente ISEE maggiore), tale
sistema non risulta funzionare in quanto l’onere per i figli non è costituito
solo dal denaro versato da una parte all’altra ma anche dal denaro speso
direttamente e dai compiti di cura assunti.
Prendiamo ad esempio una situazione
tipo in cui vi sono due genitori GA e GB
con un figlio FAB con residenza presso GB, nel nucleo di GA vi è l’attuale
compagno/a GC e loro figlio FAC, GA e GB hanno
ugual reddito pari a 10.
In
un primo caso GB si occupa da solo di FAB e riceve da GA una somma pari a 3
In
un secondo caso GB e GA si occupano entrambi di FAB in maniera diretta e non vi
è alcun spostamento di denaro
In
queste due situazioni uguali tra di loro, se calcoliamo l’ISEE per il
beneficiario FAC o per un altro componente il suo nucleo o per GB vediamo che
il sistema che qui viene proposto non è equo.
Di seguito
le scriventi associazioni fanno rilevare come alcune parti della bozza del DPCM
sono in
palese contraddizione con alcune leggi dello stato e articoli del codice civile
(in
particolare la Legge 8 febbraio 2006, n. 54 recante “Disposizioni in materia di
separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”, e le relative
parti novellate del codice civile) come di seguito evidenziate:
1) Per la definizione di nucleo familiare non esiste una legge specifica, ma se ne danno varie,
a seconda dell’ “uso” che si vuol fare del medesimo. Tuttavia, ai fini che ci
occupano occorre al momento fare riferimento al DPR 242/2001 (Regolamento
concernente modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7
maggio 1999, n. 221, in materia di criteri unificati di valutazione economica
dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate e di individuazione
del nucleo familiare per casi particolari, a norma degli articoli 1, comma 3, e
2, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come modificato dal
decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130), che all’art. 1 comma 5 recita:“Il figlio minore di anni 18, anche se a
carico ai fini IRPEF di altre persone, fa parte del nucleo familiare del
genitore con il quale risulta residente. Omissis…”.
Nell’attuale bozza di decreto la situazione non è cambiata
poiché all’art. 3 comma 4 ancora si scrive: “Il figlio minore di anni 18 fa parte del nucleo familiare del genitore
con il quale convive. Omissis…”.
E riguardo al figlio maggiorenne, il successivo comma 5 del
predetto articolo dispone: “Omissis…Nel
caso i genitori appartengano a nuclei familiari distinti, il figlio
maggiorenne, se a carico di entrambi, fa parte del nucleo familiare di uno dei
genitori, da lui identificato”, reiterando in modo quasi equivalente il
dettato del DPR 242/2001.
Peraltro è da notare come l’appartenenza al nucleo del
figlio maggiorenne è soggetta a scelta di convenienza del momento senza alcun
riguardo alla situazione dei genitori.
D’altra parte, la legge 54/2006 ha stabilito che i figli
restano affidati ad entrambi i genitori, che hanno pari diritti e doveri, come
del resto sancito dall’art. 30 della Costituzione che, come l’attuale formulazione dell’art.
155 c.c.,
in condizioni normali
non attribuisce ad alcun genitore il titolo o il ruolo di “convivente”,
“coresidente” o “collocatario” e, pertanto, un’investitura giuridica di un
genitore rispetto all’altro che lo differenzi, che lo discrimini.
Infatti, coerentemente, il legislatore del 2006 ha espunto
dal testo di legge precedente tutte le differenze di poteri, doveri o facoltà
tra i genitori, precedentemente presenti nel codice civile quando la forma
ordinaria di affidamento era quello a un solo genitore, stabilendo pari dignità
sociale (peraltro già sancita dall’art. 3 della Costituzione italiana);
circostanza ignorata dall’ISEE – introdotto ante 2006
– e mai aggiornato alla nuova realtà e ai nuovi principi giuridici.
Già a livello giurisprudenziale si registra l’attribuzione
di un doppio domicilio ai figli di genitori separati (ad es., trib. di Firenze,
4 aprile 2012, est. Paparo), nel rispetto della loro effettiva sensibilità e
della nuova realtà giuridica; di conseguenza l’attribuzione ai figli di un solo
luogo di residenza non può rispondere che a formali esigenze amministrative,
restando privo di qualsiasi valenza giuridica e non potendosene dedurre
l’aberrante conclusione dell’appartenenza a un solo nucleo familiare.
Peraltro un’altra diversa recente tendenza giurisprudenziale
mette in forse l’applicabilità  stessa del concetto di nucleo familiare
come definito dal DPR 242/2001, ovvero l’attribuzione della casa familiare ai
figli stessi con l’alternanza dei genitori in essa per una frequentazione
paritetica (ad es. trib. di Latina, maggio 2013, est. D’Auria). Il che implica
che il concetto di figlio appartenente al nucleo familiare del solo genitore
“collocatario” perde significato.
2) Per rispettare completamente la prima prescrizione dell’art. 155, comma
4 c.c. (rectius la forma diretta del
mantenimento), a mente del quale:”ciascuno dei genitori
provvede al mantenimento dei figli, (espressione
che evidenzia l’autonomia del provvedere, l’indipendenza dell’assolvimento
dell’obbligo, in antitesi al trasferimento di denaro da un genitore all’altro),
e la formulazione della ulteriore parte del quarto comma, ove si chiarisce che
all’assegno è destinata una funzione solo integrativa o perequativa: “Salvo accordi diversi liberamente
sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei
figli in misura proporzionale al proprio reddito; il
giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico
al fine di realizzare il principio di proporzionalità”
, si rende necessario costruire
l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente dei genitori separati e/o
divorziati attribuendo a ciascuno la frazione di onere che effettivamente
sostiene e di conseguenza il corretto godimento delle agevolazioni. Tutto ciò
considerando i figli come soggetti appartenenti ai due nuclei familiari creatisi
a seguito dei provvedimenti di separazione.
Ebbene, l’attuale bozza di decreto non contiene alcun
riferimento al mantenimento diretto, che pure è applicato in molte sentenze
ormai, e pertanto si verifica il caso in cui un genitore che mantiene direttamente
i figli è discriminato rispetto ad un genitore che versa l’assegno di
mantenimento, anche per motivi di mera convenienza, essendo questi sottratti
nella determinazione del reddito (art.4, comma 3, lettera a).
Altre incongruenze si riscontrano attraverso la lettura
dell’art.7, comma 1, lett. a) e b).
Lo status di genitore non cambia se questo si risposa o ha
figli con persona diversa dal genitore “convivente”. Tuttavia il calcolo
indicato nell’allegato 2, escludendo il reddito del nuovo nucleo familiare, non
permette di valutare correttamente quale deve essere il contributo del genitore
“non convivente”.
Ad esempio se il
genitore convivente si risposa, l’ISEE tiene conto anche del coniuge perché
giustamente quando il figlio è con il convivente usufruisce anche del suo
reddito, mentre per il non convivente lo si esclude dal nuovo nucleo senza
tenere conto del reddito di questo (Allegato 2).
La definizione del nucleo
familiare, che dovrebbe essere data una volta per tutte visto che i genitori
pur separati e/o divorziati restano genitori per sempre, sembra variare a
seconda se uno dei genitori si risposi, abbia figli o versi un mantenimento
diretto o indiretto, creando severe incongruenze con la legge 54/2006 e con
l’eguaglianza dei diritti.
Si evidenziano inoltre altri punti senza approfondirli in
quanto accessori al principale:
All’art.7 comma 2 sembra
esserci una discriminazione tra figli naturali e figli legittimi, che contrasta
con le disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali previste
dalla Legge 10 dicembre 2012, n. 219 (Riforma della filiazione).
Il caso dell’art.7, comma
1, è quello in cui ricadrebbe il mantenimento diretto in assenza di modifiche,
ma qui viene a dipendere dal reddito totale del genitore (presunto) “non
convivente”. Se il reddito del “non convivente” è elevato questa comma può
risultare discriminante rispetto all’assegno nei riguardi del genitore
“convivente”.

Per risolvere tale situazione, le scriventi Associazioni chiedono di non
conteggiare il denaro per i figli come “uscita” da una parte e come “entrata”
dall’altra, bensì che quando il beneficiario sia il figlio di genitori
separati con nuclei distinti, questi venga inserito su ambedue i nuclei, in
modo da agire direttamente sulla scala di equivalenza, per poi sommare il
risultato dei due ISEE dando un correttivo in diminuzione,
tranne nel caso
in cui risulti accertato in sede giurisdizionale e dalla pubblica autorità
competente in materia di servizi sociali la mancata assistenza familiare in
termini di rapporti affettivi ed economici di un genitore, ovvero quando vi sia
l’impossibilità materiale di ricostruire o reperire la situazione economica di
un genitore (come avviene nei casi di abbandono, irreperibilità di un genitore,
limitazioni della libertà personale etc.). 
1) Adiantum, Associazione DI
Aderenti Nazionali per la Tutela dei Minori;
2) Anfi, Associazione Nazionale
Familiaristi Italiani;
3) Colibrì, Coordinamento
Interassociativo Libere Iniziative per la Bigenitorialità e le Ragioni
dell’Infanzia;

4) Crescere Insieme;
5) Fenbi, Federazione Nazionale
Bigenitorialità C.S.A., Centro Studi Applicati;
6) Figlipersempre nazionale:
Trentino Alto Adige-Lombardia-Lazio, Onlus;
7) Figli Negati, Roma;

8) Genitori a Vita, Catania;


9) Gesef, Genitori Separati dai
Figli, Roma;
10) Genitori separati e Figli
Torino;
11) Gesif, Genitori Separati Insieme
per I Figli, Friuli Venezia Giulia;
12) Ass. Genitori Sottratti Em.
Romagna;
13) LID Lega Italiana Divorzio
Breve;
14) Movimento Femminilie per La
Parità Genitoriale;
15) Ass. Nonne Nonni Penalizzati
dalle Separazioni, Anops Onlus;
16) Ass. Papà Separati Roma;
17) Ass. Papà Separati Vibo
Valentia;
18) Ass. Papà e Mamme Separati,
Abruzzo;
19) Ass. Papà e Mamme Separati,
Ragusa;
20) Ass. Papà e Mamme Separati
Onlus, Novara;
21) Ass. Nazionale Papà e Mamme Separati Onlus, ANPMS
Napoli;


22) Ass. Papà Separati Liguria Onlus;
23) Ass. Papà Separati Lombardia Onlus;
24) Ass. Papà separati Torino;
25) Ass. Papà separati & figli
Torino;
26) Ass. Papà separati Asti;
26) Ass. per le Nuove famiglie
Cagliari;
28) Ass. Pronto Soccorso Famiglie
Onlus;
29) Pro Pueris;
30) Ass. Tu Sei Mio Figlio Onlus.