Il cognome paterno del minore va considerato più o meno traumatizzante per lo stesso a seconda del gradimento che la madre esprime per l’uno o per l’altro uomo.
Com’è noto, col D.P.R. n 54 del 13 marzo 2012 si è stabilito che le le donne divorziate o vedove possano aggiungere il cognome del nuovo marito ai propri figli: nulla quaestio sull’eventuale trauma del povero orfano, che si vede storpiare il proprio cognome – e quindi tutto il mondo simbolico e la memoria del genitore amato e perduto – con l’aggiunta del cognome di un nuovo tizio, scelto non certo da lui, ma impostogli dalla madre.
Ma ecco, invece, che quando si tratta di attribuire al minore il cognome del padre biologico – nel caso in cui il minore era stato già riconosciuto da altro uomo (evidentemente gradito alla madre), assumendone quindi il cognome – il tribunale di Trento, con sentenza n. 725 del 1° agosto 2012, paventa “un danno all’identità personale” ed un pericolo per “la serenità e la salute mentale” del minore, di fronte alla richiesta di attribuzione del cognome del vero padre.
Siamo all’apoteosi della demonizzazione anti-paterna e dell’idolatria per l’autocrazia matriarcale.