Novembre 2012.

Sono il padre di Erik Zardo, 
bimbo sottratto sei mesi addietro da parte di madre e nonna materna e da loro deportato segretamente ed illegalmente in Ucraina, in una zona non distante da Chernobyl (dove è stato tenuto nascosto fino al ritrovamento da parte dell’Interpol). E’ dunque in Ucraina, quel luogo che lui non aveva mai conosciuto (e il cui linguaggio ignorava, mentre parlava splendidamente l’italiano),che mio figlio vive da quando aveva due anni e mezzo, per esclusiva ed inspiegabile volontà delle sue sequestratrici. Portato via notte tempo, con un viaggio continuativo di 2500 km chiuso nel baule di un autoveicolo e sedato con farmaci per nasconderlo ai controlli di frontiera… Dopo che in tutti i modi ha cercato di convincermi, anche l’ultima volta come sempre, a tenerlo con me e non riportarlo dalla madre, che allora viveva a Chivasso e con la quale condividevo il regime di affidamento di nostro figlio, regime del quale non potevo come cittadino onesto non rispettare gli obblighi giuridici, tacitando ogni volta gli impulsi sani e naturali del cuore di padre che batte in me. L’ultimo sms di mia moglie, in risposta alla mia richiesta di conferma per il mio incontro con Erik della domenica seguente: “Ok, tutto bene, ci vediamo domani”. Poi, la sparizione nel silenzio più assoluto. Quel cellulare non si è mai più riacceso, e per mio figlio quella domenica, terzo giorno di genitorialità paterna di ogni settimana fino ad allora, non è mai più arrivata. E’ stato reso brutalmente orfano di padre vivente, in un solo istante. Inappellabilmente.

L’unica colpa di Erik era che voleva bene a me che sono suo padre, non meno che a sua madre. Per questo è stato gravemente e crudelmente punito: perché come non esisteva più alcun amore verso me da parte di mia moglie, così nemmeno il figlio, oggetto di sua esclusiva proprietà (in realtà sacrificato per soddisfare le paranoie morbose della nonna materna, che aveva pianificato di costituire la figura genitoriale principale per tale bambino, in un piano di pura follia ma lucidamente pianificato e compiuto), doveva più permettersi di volermi bene, di stare bene con me. Doveva dimenticare, volente o nolente, che fossi mai esistito. Doveva scordarsi per sempre di come mi correva incontro gioioso strillando “papàaaaa!” quando tornavo a casa, e di come piangeva quando andavo al lavoro. Perché per chi ha coltivato dentro di sè soltanto il disamore, quelle manifestazioni di affetto infantile di un bimbo puro e sereno, erano da distruggere con ogni mezzo. Dunque il sequestro, il taglio di ogni contatto senza remore né ripensamenti. E la garanzia a lungo termine di aver minato irreparabilmente la salute di quel bimbo, come una condanna.

Mi chiamo Zardo Luigi Renato, ma gli amici mi conoscono meglio come “Mimmo” (per imperscrutabili motivi giovanili su cui non starò a divagare). Ormai forse sono solo più “il padre di Erik”, in quanto non ha più senso nient’altro se non ritrovare lui, riabbracciarlo. Il 15 novembre 2012, cioè questo giovedì, egli compirà tre anni. Non voglio che anche il suo terzo compleanno passi nel silenzio di un sequestro: voglio farmi sentire e lasciare un segno come un sassolino con cui mi possa ritrovare, tornando a casa.
L’Ucraina non sta ottemperando al dovere di procedere al rimpatrio del bimbo sottratto in Italia, mentre la Convenzione dell’Aja 1980 era già stata regolarmente adita 6 mesi fa. Manca infatti, secondo le procedure, solo la pronuncia giudiziaria ucraina perché il ritorno a casa di Erik possa compiersi; invece da quella parte tutto tace e pare bloccato. Per questo voglio celebrare il suo compleanno con un breve, silenzioso e pacifico sit-in di fronte al Consolato Ucraino a Milano, via Ludovico di Breme N.11, giovedì 15/11/2012 dalle 9 del mattino. Un gesto semplice e moderato, portando con me una simbolica torta con tre candeline e qualche foto di me e di lui, e una scritta: “Ucraina, quando restituirai al piccolo ERIK suo PADRE, quando restituirai un bimbo alla sua MADREPATRIA Italia?” oppure “Fate a mio figlio Erik un dono di compleanno: cessate il suo sequestro in Ucraina!”

Credo che chi, privato o associazione, difende il vero diritto dei bambini alla bigenitorialità potrebbe trovare in questa occasione un motivo di solidarietà e partecipazione alla giusta causa. D’altronde è solo facendo gruppo che si può arrivare a qualche risultato, nell’interesse di tutti. Il mio è un caso emblematico, e però uguale a molti altri, che anche in una occasione che, come questa, prende spunto da una singola vicenda, potrebbero trovare una nuova visibilità che aumenti le probabilità di riuscire a sensibilizzare l’opinione pubblica al fine della migliore risoluzione di tutti le sottrazioni internazionali pendenti. Non solo, perché riuscire a far parlare di un caso come il mio vuol anche dire puntare il dito verso l’operato di tribunali e servizi sociali, che si scagliano contro una parte bevendo ciecamente ogni accusa inventata artatamente dall’altra, mentre così di fatto facilitato si compie l’ennesimo crimine contro la fanciullezza, l’ennesimo sequestro. Conto quindi moltissimo su di un responso positivo da parte di chi di voi sia in qualche modo disponibile ad esserci o a fornirmi utili consigli.

Resta da risolvere il problema della Questura di Milano, che vuole che noi si sia autorizzati per iscritto ed esplicitamente per un gesto pur così civile e modesto, per il solo fatto che trattisi di Consolato e quindi luogo sensibile… Io avevo mandato la richiesta che trovate riprodotta del seguito, ma ovviamente non ho avuto risposta scritta: si vuole che sia una persona che si assume la responsabilità a firmare a Milano davanti al funzionario della Questura… Perciò anche questo scoglio si dovrebbe vedere come superarlo: l’ideale è che una associazione milanese amica di Gesefi-Torino o di Papà Separati Torino si prenda la briga di andare a firmare in Questura.

Ringrazio di cuore tutti coloro che provano ancora qualche sentimento genitoriale degno di un essere umano, e che hanno avuto la gentilezza di leggere fin qui la mia lettera.
Cordiali saluti

    il padre di Erik
 +39-328-2463401
 +39-347-4344845

PS: mi risulta che l’indirizzo del Consolato ucraino sia cambiato da poco, in quanto mi ricordavo che fino a qualche anno fa fosse in Via privata Maria Teresa, 8, invece adesso è  in via Ludovico di Breme, 11.