La separazione addebitata alla moglie per una relazione omosessuale non “azzera” anche l’affido condiviso dei figli: ne consegue che i bambini possono essere collocati presso la casa familiare con la donna.
Lo ha deciso il tribunale di Roma con la sentenza 19545/2012 che ha così disposto in merito a una separazione nella quale entrambi avevano chiesto l’addebito all’altro coniuge. In particolare l’uomo contestava alla moglie una relazione con un’altra donna mentre la signora lamentava di essere fatta oggetto di violenza da parte del marito e di abiezioni sessuali non volute.
Il tribunale, nel decidere la questione, ha ricordato che l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale costituisce una violazione particolarmente grave degli obblighi derivanti dal matrimonio, che normalmente è idonea a rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza e, quindi, di regola, costituisce di per sé circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile.
Il marito che ha allegato e provato l’infedeltà ha interamente assolto l’onere della prova gravante su di lui mentre la moglie che ha chiesto il rigetto della domanda, non ha fornito la prova contraria ossia l’ininfluenza della relazione extraconiugale e della sua conoscenza da parte dell’altro coniuge sulla stabilità del legame matrimoniale.
Quanto all’addebito avanzato dalla moglie, la domanda, ha spiegato il collegio, si fonda essenzialmente su abusi sessuali che il marito avrebbe perpetrato nei suoi confronti durante i rapporti sessuali, ma la prova, trattandosi di fatti assolutamente intimi e privati, non può essere fornita per testi dal momento che questi non avrebbero potuto riferire altro che quello raccontato dalla moglie. Peraltro è ragionevole ritenere che, in considerazione del lento emergere nella donna della consapevolezza della propria omosessualità, qualunque richiesta di una relazione fisica da parte del marito è stata probabilmente e naturalmente vissuta come violativa della propria identità sessuale e quindi percepita come violenta.
La pronuncia di addebito alla moglie, tuttavia, ha proseguito il collegio, non si riverbera sull’affido condiviso dei due figli della coppia, con la conseguenza che è necessario individuare la soluzione più idonea per loro. A questo proposito, ha concluso il collegio, la scelta operata in sede presidenziale di un’alternanza dei coniugi con i figli nella casa familiare non è salutare per una sana crescita dei minori

una perentoria ed apodittica affermazione, frutto di mera opinione personale del giudice relatore, non suffragata – ed anzi notoriamente contraddetta – da una messe di letteratura scientifica internazionale: da qui la non più tollerabile sfrontatezza dei giudici, che si sentono non solo legibus soluti, ma liberi di sfidare perfino le scienze psico-pedagogiche

con la conseguenza che, fermo restando l’affido condiviso, i piccoli devono essere collocati presso la madre proprietaria della casa familiare.
Fonte: www.cassazione.net