L’ex moglie che non ha prestato il consenso alla vendita della casa coniugale di proprietà comune può far annullare l’atto anche dopo la sentenza di separazione: ai fini dell’interesse ad agire, infatti, è irrilevante che il bene non possa essere ricompreso nella comunione legale ormai definitivamente disciolta, dal momento che l’immobile tornerà, con effetto ex tunc, agli ex coniugi sotto forma di comproprietà. 

L’annullamento dell’atto comporterà anche la successiva possibilità di attribuire la casa in godimento esclusivo
[e gratuito] a uno dei due

…”uno dei due”?!?.. indovina chi?.. cari giudici, ca’ nisciun è fess!..

in base alla sentenza di separazione personale.
Sono queste le conclusioni raggiunte dalla Corte d’appello di Roma nella sentenza 5715/12, che ha accolto il ricorso di una ex moglie nei confronti del marito. La donna si è rivolta al tribunale chiedendo l’annullamento dell’atto con il quale l’ex marito, senza il suo consenso, aveva venduto la casa coniugale di proprietà comune, in quanto acquistata in costanza del regime di comunione legale.
La ex moglie ha poi chiesto di attribuirle il godimento esclusivo del bene in virtù dell’assegnazione fatta con la sentenza di separazione

…aaahhh, ecco dove andava a parare, la furbastra: godersi, a gratis, la casa acquistata col solo lavoro del marito e diventata “comune” soltanto in virtù della comunione legale…

Il tribunale ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse ad agire della donna in ordine all’azione di annullamento sul presupposto che ormai era definitivamente venuta meno la comunione legale tra i coniugi a seguito della sentenza di separazione.
Contro questa decisione la donna ha presentato ricorso alla Corte d’appello che, al contrario, ha stabilito che è sbagliato individuare nella permanenza della comunione legale il presupposto per esperire l’azione di annullamento ex articolo 184 del Cc.: infatti anche una volta che è venuta meno la comunione legale permane l’interesse «non tanto che il bene rientri in regime giuridico ormai inesistente, quanto a che un certo atto giuridico sia dichiarato nullo nei confronti dell’ex coniuge e del suo avente causa» [il povero compratore di buona fede, che non aveva fatto i conti con la rapace].
L’interesse ad agire e ad annullare il contratto si struttura quindi come la possibilità di ottenere dalla pronuncia giudiziale un risultato utile, quale quello «dell’affermazione dell’illiceità ex tunc dell’atto traslativo posto in essere dal coniuge»; è irrilevante perciò che sia impossibile restituire l’alloggio alla comunione ormai sciolta dal momento che «il bene confluirà nell’originaria comproprietà in capo a entrambi gli ex coniugi», con successiva possibilità di rendere operativi i provvedimenti di assegnazione dell’immobile.
Fonte: www.cassazione.net