Non è sufficiente per l’ex marito dichiarare semplicemente «una condizione di indigenza» per omettere il versamento dell’assegno di mantenimento alla ex ed al figlio: è necessario sempre dimostrare lo stato di ristrettezza per consentire di stabilire le reali condizioni, per scampare alla responsabilità penale ex articolo 570 c.p..
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza 4167 del 28 gennaio 2013, ha ritenuto inammissibile il ricorso di un 48enne contro il giudizio di colpevolezza della Corte d’appello di Brescia che lo ha condannato a due mesi di reclusione per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla moglie separata e ai figli minori, non versando l’assegno di mantenimento determinato dal giudice civile.
La sesta sezione penale, in linea con la Corte di merito, ha ritenuto l’uomo colpevole di tale reato rilevando l’assenza di qualsiasi prova concreta e convincente della sua impossibilità di contribuire al mantenimento della moglie e dei tre bambini.
Insomma, per la Suprema corte il ricorso è inammissibile in quanto non sono emerse ragioni giustificative del mancato versamento del contributo al mantenimento, ma solo un generico stato di indigenza, senza permettere «in concreto» di poter risalire alle sue reali condizioni.
Pertanto, il ricorso, «laddove si limiti a ribadire lo stato di indigenza, senza individuare quale elemento – acquisito in corso di processo e desumibile dalla sentenza o allegato al ricorso – lo dimostri inequivocabilmente», è da ritenere inammissibile.
Al ricorrente non resta che pagare le spese processuali e mille euro in favore della cassa delle ammende.
Fonte: www.cassazione.net