Paga una sanzione amministrativa il genitore che decide le cose importanti da solo nonostante il falso affido condiviso

Rischia una salata sanzione amministrativa il genitore che, nonostante l’affido condiviso, prende da solo e senza consultare l’ex le decisioni importanti sul figlio; di più: la bigenitorialità può essere confermata nonostante il padre abbia poco tempo da dedicare al figlio a causa del doppio lavoro.
Lo ha sancito il Tribunale di Roma che, con la sentenza n. 310 del 10 gennaio 2013, ha respinto il ricorso di una madre che chiedeva l’affido esclusivo della figlia adolescente perché, aveva sostenuto, il padre le dedicava poco tempo in quanto, oltre a fare l’impiegato, lavorava come maestro di danza durante il fine settimana.
L’uomo si era sempre difeso sostenendo di aver tentato un rapporto con la giovane sempre impedito dalla madre con la quale c’era una simbiosi che lo stesso consulente tecnico d’ufficio ha ritenuto nociva per lo sviluppo psico-fisico della ragazza.
Ma non solo. La donna, nonostante l’ammonimento del giudice ha continuato a prendere da sola le decisioni importanti: per questo ora il Tribunale l’ha condannata a versare 5mila euro di sanzione amministrativa, invitandola, per il futuro, a coinvolgere maggiormente l’ex marito.
Fra l’altro il giudice ha respinto il ricorso della donna sul punto dell’affido esclusivo precisando che in tema di scioglimento del matrimonio, l’affidamento [falso] dei figli ad entrambi i genitori, disciplinato dall’art. 155 c.c., comporta l’esercizio della potestà genitoriale da parte di entrambi i genitori ed una condivisione delle decisioni di maggiore importanza. Alla regola del [falso] affidamento condiviso, costituisce eccezione la previsione del [vero] affidamento esclusivo, cui può farsi ricorso solo quando l’affidamento condivido risulti contrario all’interesse del minore, ai sensi dell’art. 155 bis, comma 1° c.c. Il presupposto per la derogabilità alla regola dell’affidamento condiviso risiede nella sussistenza, nei confronti di uno dei genitori, di una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore.
Fonte: www.cassazione.net
…Quindi, ricostruiamo il pato(il)logico iter che si consuma nei tribunali italiani dal 2006:
  1. il tribunale applica il falso condiviso, adulterato dall’abusiva invenzione extra-legem della “collocazione”;
  2. ne deriva che il genitore non-collocatario è costretto a sostituire il mantenimento diretto con l’indiretto (per prassi costante, quest’ultimo è quantificato in misura doppia rispetto all’altro);
  3. per far fronte al pizzo estortivo, il non-collocatario è costretto a cercarsi il secondo lavoro: tempo preziosissimo sottratto (beninteso: nell’interesse del minore…) alla costruzione del rapporto affettivo ed educativo con quest’ultimo;
  4. la latitanza (operosa) imposta ope legis, costituisce – in modo prevedibilissimo – il miglior viatico per le mire espansionistiche del genitore collocatario, il quale instaura col minore un morboso rapporto simbiotico, stigmatizzato dal CTU;
  5. alla fine di questo viluppo mortale, quello stesso giudice che aveva innescato la patologia relazionale, si trova a dover sanzionare il genitore divenuto egemone proprio grazie alla “collocazione”.