Orientamento precedente: è legittimo che l’emancipata faccia la mantenuta (teoria relativista: tutto dipende dalla convenienza del singolo caso concreto…)

Può essere revocato l’assegno di mantenimento alla figlia ormai adulta (cd. jus fankazzismarum) che rifiuta il lavoro anche se non pienamente rispondente alle sue aspirazioni e agli studi fatti.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con l’ordinanza 7970 del 2 aprile 2013, ha respinto il ricorso di una donna che si opponeva alla revoca dell’assegno di mantenimento in favore della figlia 37enne.
La vicenda riguarda una coppia di Palermo. Dopo il divorzio il giudice aveva fissato due assegni a carico dell’ex marito, uno in favore della moglie e l’altro della figlia.
Poi la ragazza era diventata adulta. Aveva studiato ma fino a 37anni aveva rifiutato il lavoro in quanto, a suo dire, non consono alle sue aspirazioni. A questo punto il padre ha chiesto la revoca del contributo.
Il giudice di merito ha accolto l’istanza e ora la Cassazione ha reso definitivo il verdetto.
Ad avviso dei Supremi giudici che, con questa pronuncia sono un po’ in controtendenza rispetto alla giurisprudenza consolidata, che vuole il mantenimento per i figli adulti fino a quando non abbiano trovato il lavoro sperato, “ai fini dell’esonero dell’assegno per il figlio maggiorenne, è necessario che il mancato svolgimento di attività lavorativa dipenda da inerzia o da rifiuto ingiustificato”.
Infatti la Corte palermitana, sottolineano gli Ermellini, ha accolto la richiesta di esonero dell’assegno per la figlia, con motivazione adeguata e non illogica, facendo riferimento all’età (anni 37) e agli studi da questa effettuati, ipotizzando che essa abbia ricevuto offerte di lavoro, benché non pienamente rispondenti alle sue aspirazioni e non le abbia accettate. Al più la donna avrebbe dovuto provare con certezza di non aver mai rifiutato un’occupazione.
Fonte: www.cassazione.net